La Corsica apre i porti Talamoni è l’anti Salvini
di Alessandro Pirina
Il presidente nazionalista dell’Assemblea: «Prestare soccorso è un dovere La nostra è una posizione etica e politica, sul piano giuridico serve l’ok di Parigi»
27 giugno 2018
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SASSARI. Prima aveva proposto di fornire assistenza all’Aquarius, poi è stato il turno della Lifeline. Il presidente dell’Assemblea di Corsica, il leader indipendentista Jean-Guy Talamoni, si candida a essere l’anti Salvini in Europa. Il promotore di una politica fondata sull’accoglienza contro quella dei porti chiusi portata avanti dal governo italiano, in particolare dal ministro dell’Interno. «Vuole trasformare la Corsica in una nuova Lampedusa», lo aveva accusato Marine Le Pen, la leader dell’estrema destra francese quando Talamoni si era offerto di aprire i porti all’Aquarius poi approdata a Valencia. Accuse che non gli hanno fatto cambiare idea. Anzi, Talamoni si è fatto avanti anche per la Lifeline e si è detto pronto a «offrire soccorso» ai migranti trasportati sulla nave umanitaria che l’Italia ha rifiutato di accogliere. Una posizione netta che, a parere dal presidente nazionalista della Assemblea, dovrebbero tenere tutti i paesi del Mediterraneo quando c’è una nave con persone a bordo che hanno bisogno di aiuto. Una politica volta alla accoglienza fatta sua anche dal presidente del Consiglio esecutivo della Corsica, Gilles Simeoni, che proprio sulla vicenda Aquarius aveva seguito l’esempio di Talamoni. «Mancanza di cibo, cattive condizioni meteorologiche e porto spagnolo troppo lontano: di fronte all’emergenza, il Consiglio esecutivo della Corsica propone a SOSMedFrance di ospitare il Aquarius in un porto corso».
Uno scenario che si è ripetuto 15 giorni dopo quando la nave umanitaria Lifeline è stata respinta inizialmente dall’Italia e da Malta, che poi hanno fatto marcia indietro dopo un faccia a faccia tra il premier italiano Giuseppe Conte e il presidente francese Emmanuel Macron: la nave approderà alla Valletta e i migranti saranno suddivisi tra Italia e Francia. Ma prima che la situazione si sbloccasse Talamoni aveva di nuovo aperto i porti della Corsica. «Le istituzioni della Corsica non sono destinate ad avere posizioni diverse quando i problemi sono identici – ha spiegato il leader indipendentista –. Il primo atteggiamento che bisogna avere è quello di portare soccorso e se si decide di aprire un porto per la Lifeline le istituzioni dell’isola non possono che essere favorevoli». Talamoni ha aggiunto che la sua, e quella delle istituzioni corse, è «una posizione etica e politica perché sul piano giuridico è necessario l’accordo dell’amministrazione statale». Come dire, la Corsica è pronta a fare la sua parte, ma senza l’ok di Parigi i porti restano chiusi. E così è stato fino al faccia a faccia segreto a Roma tra Conte e Macron.
Più o meno la stessa situazione della Sardegna, dove all’indomani dello stop di Salvini all’Aquarius, e mentre la nave con 629 migranti a bordo vagava senza meta per il Mediterraneo, il governatore Francesco Pigliaru aveva detto che «la Sardegna, se chiamata a fare la sua parte, la farà come ha sempre fatto». E come lui si era speso a favore dell’accoglienza anche il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Oltre al sindaco di Bortigiadas, Emiliano Deiana, presidente dell’Anci, il cui appello ad aprire i porti dell’isola era stato accompagnato da una valanga di insulti e minacce sui social. Chi, invece, nell’isola ha sposato la linea Salvini è il Partito sardo d’Azione, con cui la Lega ha stretto un’alleanza elettorale alle politiche che ha permesso al segretario Christian Solinas di approdare al Senato. O meglio i sardisti hanno scelto di non prendere le distanze dal “chiudiamo i porti” del ministro dell’Interno. Un silenzio che ha spinto l’ex capogruppo in Regione, Angelo Carta, ad accusare Solinas di avere portato i sardisti tra le braccia della «peggiore destra europea». Parole dure, pronunciate nell’aula del Consiglio regionale, che sono costate a Carta la cacciata dal partito, in cui militava dal 1988, quando alla Regione c’era Mario Melis a capo di una giunta di sinistra.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Uno scenario che si è ripetuto 15 giorni dopo quando la nave umanitaria Lifeline è stata respinta inizialmente dall’Italia e da Malta, che poi hanno fatto marcia indietro dopo un faccia a faccia tra il premier italiano Giuseppe Conte e il presidente francese Emmanuel Macron: la nave approderà alla Valletta e i migranti saranno suddivisi tra Italia e Francia. Ma prima che la situazione si sbloccasse Talamoni aveva di nuovo aperto i porti della Corsica. «Le istituzioni della Corsica non sono destinate ad avere posizioni diverse quando i problemi sono identici – ha spiegato il leader indipendentista –. Il primo atteggiamento che bisogna avere è quello di portare soccorso e se si decide di aprire un porto per la Lifeline le istituzioni dell’isola non possono che essere favorevoli». Talamoni ha aggiunto che la sua, e quella delle istituzioni corse, è «una posizione etica e politica perché sul piano giuridico è necessario l’accordo dell’amministrazione statale». Come dire, la Corsica è pronta a fare la sua parte, ma senza l’ok di Parigi i porti restano chiusi. E così è stato fino al faccia a faccia segreto a Roma tra Conte e Macron.
Più o meno la stessa situazione della Sardegna, dove all’indomani dello stop di Salvini all’Aquarius, e mentre la nave con 629 migranti a bordo vagava senza meta per il Mediterraneo, il governatore Francesco Pigliaru aveva detto che «la Sardegna, se chiamata a fare la sua parte, la farà come ha sempre fatto». E come lui si era speso a favore dell’accoglienza anche il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. Oltre al sindaco di Bortigiadas, Emiliano Deiana, presidente dell’Anci, il cui appello ad aprire i porti dell’isola era stato accompagnato da una valanga di insulti e minacce sui social. Chi, invece, nell’isola ha sposato la linea Salvini è il Partito sardo d’Azione, con cui la Lega ha stretto un’alleanza elettorale alle politiche che ha permesso al segretario Christian Solinas di approdare al Senato. O meglio i sardisti hanno scelto di non prendere le distanze dal “chiudiamo i porti” del ministro dell’Interno. Un silenzio che ha spinto l’ex capogruppo in Regione, Angelo Carta, ad accusare Solinas di avere portato i sardisti tra le braccia della «peggiore destra europea». Parole dure, pronunciate nell’aula del Consiglio regionale, che sono costate a Carta la cacciata dal partito, in cui militava dal 1988, quando alla Regione c’era Mario Melis a capo di una giunta di sinistra.
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