La Nuova Sardegna

Dalla tonaca al web con furore

Daniela Scano
Dalla tonaca al web con furore

Riflessione sul disorientamento provocato da quei sacerdoti che sempre più spesso si trasformano in "leoni da tastiera" e, con questi, da tutti coloro che dimenticano di avere un ruolo sociale e alimentano lo sfogatoio virtuale

27 settembre 2018
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C'è una semplice regola che ogni persona di buon senso dovrebbe rispettare da quando si alza la mattina fino a  quando va a letto la sera: se non hai niente di interessante da dire, non parlare. Adesso bisognerebbe aggiungere:non scrivere un post o un commento su Facebook di cui potresti pentirti. Vale per tutti, a maggior ragione per i sacerdoti che sono gli ultimi in ordine di tempo a esplorare le praterie virtuali del web. Però stanno recuperando il tempo perduto. In Sardegna, nel giro di poche settimane, c'è stato un prete che ha augurato la morte a una parrocchiana e l'altro, che a Torralba, intendeva far pagare al figlio le "colpe" di una madre juventina. E' intervenuta la Curia, ma il problema resta.

Facebook non è il tinello di casa, la sagrestia della chiesa parrocchiale, l'ambulatorio del dottore e neppure il bancone del bar. Facebook è un luogo pubblico dove un sospiro può diventare un urlo. Purtroppo c'è gente che ancora non lo ha capito e si esprime nella piazza virtuale come se fosse seduta in salotto a parlare dei fatti propri (e altrui), in sagrestia a fare paternali, oppure al bar a cazzeggiare. I social network sono diventati anche sfogatoio di "amici" che insieme al senso della misura hanno perso di vista anche il proprio ruolo sociale. L'effetto è una babele di concetti, parole e sentimenti, idee e spunti interessanti che galleggiano come ninfee nel lago delle frasi frettolosamente "postate" con l'ansia compulsiva di dire, fare e sentenziare.

Capita di leggere commenti scritti con il senso del ridicolo narcotizzato dalla gioia o dalla indignazione. Ammettiamolo, a volte spingiamo il tasto "invia" prima che il cervello sia collegato ai polpastrelli. L'ultimo esternatore senza rete (ma a quest'ora sarà stato certamente superato da un altro) è il parroco di Torralba. Il "don" ha annunciato, con un commento a un post di una parrocchiana, che non ammetterà il figlio della donna a ricevere il sacramento della Prima Comunione. Questo perché la madre del piccolo aveva pubblicato nel suo profilo Facebook una buffa foto di Cristiano Ronaldo, dove il sacramento della cresima è stato il pretesto per una battuta di spirito sul campione. A parte il fatto che le colpe dei padri (e delle madri) non devono ricadere sui figli, come anche il prete avrà spiegato mille volte ai suoi parrocchiani dal pulpito, questa storia è sintomatica e fa riflettere. Il parroco che perde le staffe e diventa "leone da tastiera" è l'ultimo pessimo esempio dell'uso distorto dei social network.

Facebook è uno strumento utilissimo e ormai indispensabile di conoscenza e di comunicazione. La "creatura" di Mark Zuckerberg è sempre più il social delle generazioni "anta" che a volte li usano anche per una ricerca compulsiva e un po' puerile dell'approvazione. I like sono carezze all'ego, virtuali pacche sulle spalle. Non c'è niente di male.Tuttavia, chi è un punto di riferimento nella società non può stupirsi se le sue esternazioni vengono seguite con attenzione e provocano reazioni e polemiche. Ci sono categorie che dovrebbero tenerlo ben presente, sempre. Tra queste ci sono i sacerdoti quando esprimono giudizi che disorientano. Dovrebbero appartenere a questa categoria anche i politici ma questa, da quando i ministri fanno i decreti con whatsapp, è un'altra storia.©RIPRODUZIONE RISERVATA

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