La Nuova Sardegna

Arru difende la riforma sanitaria dal ministero che chiede un minor numero di ospedali

di Umberto Aime
Arru difende la riforma sanitaria dal ministero che chiede un minor numero di ospedali

Nella missiva spedita alla Grillo l’assessore regionale rivendica l’autonomia della Sardegna

02 novembre 2018
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CAGLIARI. [[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:regione:1.17421167:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/11/02/news/il-perche-delle-scelte-negli-allegati-tecnici-1.17421167]]La Sardegna «non è paragonabile a nessun’altra regione italiana» neanche nella sanità. È questa la frase più forte, incisiva e soprattutto politicamente corretta dell’assessore Luigi Arru nella replica ai tecnici del ministero della salute. Sono quelli dell’Ufficio monitoraggio e qualità, che, a settembre, avevano sollevato più di un dubbio sulla riorganizzazione degli ospedali fino a sfiorare la bocciatura della nuova Rete. Ma nella lettera inviata da Arru al ministro Giulia Grillo c’è scritto, in estrema sintesi, che «la Rete approvata nel 2017 dal Consiglio regionale non può essere messa in discussione».

Non per un capriccio o chissà quale contrapposizione, ma solo perché «i criteri nazionali previsti dal ministero sarebbero inapplicabili in Sardegna» e se «fossero stati applicati alla lettera avrebbero provocato contraccolpi immediati sulla qualità e la diffusione capillare del sistema sanitario regionale». Quindi, è scritto ancora nella lettera, «la Sardegna ha esercitato quell’autonomia organizzativa prevista dallo stesso decreto ministeriale» proprio per «garantire omogenei livelli essenziali di assistenza in tutto il territorio regionale».

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Lettera e controlettera. A settembre l’Ufficio qualità del ministero aveva fatto sapere che la Sardegna avrebbe avuto tempo fino al 30 ottobre per rispondere alle contestazioni e alle critiche. Ma, in particolare, avrebbe dovuto, entro la stessa data, adeguare la Rete ai criteri previsti dal ministero. Però non c’è stato e non ci sarà nessuna correzione ha scritto Arru, perché «è indispensabile che le specificità della Sardegna siano (d’ora in poi) tenuta in debita considerazione quando ci saranno i prossimi pareri tecnici da parte del tavolo nazionale che ha il compito di monitorare l’applicazione degli standard ospedalieri previsti a livello nazionale». Mentre – è sottolineato – quel Tavolo finora non l’ha fatto e non ha preso in considerazione che «Sardegna è unica anche nella sanità».

La rivendicazione. Nelle tre pagine della lettera di risposta, l’assessore Arru è molto chiaro sul perché la specificità della Sardegna è «un elemento da prendere in considerazione prima di qualunque altro giudizio tecnico». E infatti nel quarto capoverso l’assessore ha scritto: «L’insularità, la posizione geografica e le vie di comunicazione rappresentano per la Sardegna vincoli determinanti per definire la rete ospedaliera. Infatti, la condizione di insularità influisce sulla possibilità per i sardi di accedere a una mobilità extra-regionale. E quindi: «Per i sardi è difficile usufruire dei servi eventualmente offerti dalle regioni limitrofe, come accade per il resto dell’Italia».

Non solo: «Così come nessun’altra regione, la Sardegna presenta anche indici di dispersione abitativa estremi, con valori di densità inferiori ai 30 abitanti per chilometro quadro in vaste aree». Per concludere la spiegazione dettagliata dei motivi per cui il Consiglio regionale ha approvato questa rete ospedaliera e non un’altra: «La nostra è una realtà evidente, già illustrata a suo tempo nel primo invio al ministero, ma, evidentemente, finora non è stata adeguatamente valutata».

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I diversi casi. Per essere semplici, a settembre, l’Ufficio di qualità e monitoraggio aveva sollevato due vere contestazioni alla riorganizzazione degli ospedali sardi. La prima: «C’è un eccesso di offerta», e subito dopo «c’è un eccesso di frammentazione». In parole ancora più spicce: ci sono ancora troppi posti letto, nessun piccolo ospedale è stato chiuso e continua a esserci anche una sovrapposizione di servizi in territori molto vicini fra loro. Nella lettera, in buona sostanza, l’assessore ha risposto che non è così. Perché il modello scelto dalla Sardegna è quello di «aver indicato, nel 2014, con una legge mai impugnata o contestata dal Governo, una suddivisione della regione in territori omogenei, dove opera non un solo ospedale ma diversi ospedali, in cui tra l’altro è prevista anche la presenza del pronto soccorso, proprio per migliorare l’efficacia dell’organizzazione della Rete e soprattutto assicurare un’offerta sanitaria il più capillare possibili nei territori».

La conclusione. Quella di Arru è una sola e perentoria: «Oggi più che mai – scrive nell’ultima pagina della lettera – che la rete ospedaliera della Sardegna non abbia derogato agli standard qualitativi posti dal ministero, semmai ha cercato quelle soluzioni organizzative che potessero garantire il raggiungimento e il mantenimento dagli stessi standard. Fino a prevedere, nei territori più disagiati, un potenziamento dell’offerta ospedaliera, garantendo il rigido rispetto di protocolli. E infatti la nostra Rete non pregiudica o disconosce il “livello minimo” della qualità e della quantità dei servizi sanitari finalizzati alla tutela del diritto alla salute, né determina ripercussioni negative sulla sicurezza delle cure, altra parte fondamentale dello stesso diritto».

Cosa accadrà. La lettera della Regione, inviata a Roma insieme a diversi allegati, dovrà essere riesaminati dal Tavolo, che dovrà esprimere l’ultimo giudizio. Visto che non ci sono state correzioni rispetto alla prima bozza è possibile un’ennesima contrapposizione. Anche se Arru ha ricordato: «Siamo stati la prima Regione speciale ad aver presentato la Rete e confermiamo di essere pronti al confronto», ma «non dimenticatevi mai che la Sardegna è unica». Anche nella sanità.


 

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