La Nuova Sardegna

Il commento - Cuneo fiscale, investimenti col freno tirato

di Luca Deidda
Il commento - Cuneo fiscale, investimenti col freno tirato

La sensazione è che  sarebbe stato necessario fare di più. Ma  per andare su altri numeri, specie nel caso del green new deal, occorrerebbe convincere la Ue

17 ottobre 2019
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Trentuno miliardi di manovra, di cui 23 circa per bloccare gli aumenti delle aliquote iva, dal 22% al 25,2% e dal 10% al 13%, previsti per l’1 gennaio 2020. Questo il disegno di legge di bilancio e il collegato decreto fiscale. 8 miliardi per finanziare taglio del cuneo fiscale, abolizione del super ticket, edilizia sanitaria, piano impresa 4.0, investimenti privati e pubblici in chiave green, piano casa, fondo famiglie, e poi ACE e contante.

Per la verità la sterilizzazione iva è completa solo per il 2020. Sulle aliquote iva ci sarà quindi un confronto e non è esclusa una rimodulazione; che peraltro potrebbe avere un senso. Tra gli interventi più interessanti, cuneo e investimenti in chiave green. Partiamo dal cuneo fiscale.

E’ una misura relativa del delta tra lordo e netto in busta paga. In Italia è tra i più alti dell’area OCSE. Incide su domanda e offerta di lavoro con effetti distorsivi. Bene lavorarci; chi ha una certa età ricorderà che fu un cavallo di battaglia di Prodi. Si inizia con un intervento da 3mld nel 2020. In soldoni, 500 euro annui in più in busta paga per i percettori di redditi da lavoro da 26.600 a 35.000 euro.

Per i lavoratori tra 8.000 e 26.600 invece viene confermato il bonus Renzi che vale fino a 960 euro annui.

E’ un inizio, occorrerà fare di più per avvicinarsi alla norma OCSE. Viene abolito il super-ticket.

Essendo una somma fissa per ricetta, si trattava di una tassa regressiva. Bene l’abolizione ma occorre lavorare sulla progressività dei ticket; la sensazione è che i più abbienti paghino troppo poco per le prestazioni del sistema sanitario nazionale. Vengono poi destinati 4mld in due anni all’edilizia sanitaria. Non viene invece affrontata la questione scarsità di medici ed è comprensibile; perché il tema necessità di un’analisi approfondita.

Misure su impresa e investimenti. Tra le più rilevanti, la continuità data al programma di incentivi industria 4.0 e gli iperammortamenti per investimenti con ricadute sulla trasformazione tecnologica. E poi, nell’ambito del green new deal l’istituzione di due fondi per finanziare investimenti pubblici e contribuire con garanzie e apporto di capitale di rischio alla realizzazione di investimenti privati verdi. Si parla di 9 miliardi in tre anni e 55 su un orizzonte di 15 anni. L’idea è interessante ma è cruciale capire di cosa si occuperà il pubblico; è bene infatti che non si avventuri in investimenti che potrebbero fare anche i privati.

C’è poi tutta una serie di incentivi per favorire l’uso di mezzi elettronici di pagamento. Sull’efficienza della guerra al contante come strumento antievasione restano forti perplessità; autorevoli economisti tra cui Francesco Lippi, ex Uniss, or EIEF e Luiss hanno scritto in maniera molto lucida sul tema: “googleare” per credere. Sembra un po’ come fare dossi in autostrada per scoraggiare gli eccessi di velocità. Tra le questioni rinviate, quota 100. Si è preferito non toccarla. C’è un tavolo avviato dal governo.

Incidentalmente, si dice sarà un tavolo Governo-sindacati. Se così fosse, non sarebbe chiaro il perché, dato che essi rappresentano una parte dei lavoratori di oggi, mentre le pensioni sono un tema che riguarda i lavoratori di oggi ma anche quelli di domani, che al sindacato non sono iscritti.

E tra le due categorie, sul tema pensioni, c’è un potenziale conflitto di interessi dato che la sostenibilità del sistema interessa più i secondi dei primi.

Vedremo cosa partorirà; sarà importante perché quota cento è un macigno sul bilancio pubblico. In tutto e per tutto, la sensazione è che su stimoli a investimenti e cuneo sarebbe stato necessario fare di più. Ma probabilmente, per andare su altri numeri, specie nel caso del green new deal, occorrerebbe convincere la UE che serve una politica europea in tal senso.

Gentiloni ha un ruolo chiave. Infine, spesa pubblica a parte, è bene ricordare che il male del sistema Italia è la bassa produttività, frutto di regole che rendono i mercati poco competitivi e la pubblica amministrazione poco efficiente. Spendere senza mettere mano a questo problema serve a poco e quindi la finanziaria, qualunque essa sia, da sola, non cura la malattia del Belpaese.


 

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