La Nuova Sardegna

Sos mutamenti climatici i raccolti sono a rischio

di Michela Cuccu
Sos mutamenti climatici i raccolti sono a rischio

Ad Arborea convegno di Coldiretti: serve una programmazione per il territorio Il docente Roggero: cattivo foraggio ogni due anni a causa delle alte temperature

20 ottobre 2019
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ARBOREA. Più di 400 parti per milione di anidride carbonica nell’atmosfera: da quando esiste il pianeta Terra una concentrazione così alta non si era mai verificata. Nell’arco degli ultimi quindici anni, solo a Oristano, la temperatura in media è cresciuta di due gradi, l’anno scorso di 3 gradi in più rispetto alla media degli ultimi 40 anni. E se, prima di dieci anni fa, le foraggere registravano un cattivo raccolto ogni quattro anni, ora il ciclo si è dimezzato: la proporzione è di una stagione deficitaria ogni due anni.

Realtà da affrontare. Basterebbero questi tre elementi, forniti ieri da Pier Paolo Roggero, ordinario di Agraria dell’università di Sassari, a confermare che i mutamenti climatici non solo siano una realtà da affrontare ma che l’agricoltura, fortemente esposta, debba trovare un modo per adattarsi senza esserne sopraffatta. Da questi e altri dati, presentati dal docente nel corso del convegno non a caso intitolato “Cambiamenti climatici e agricoltura resiliente, sfide e opportunità”, organizzato dalla Coldiretti, è arrivata la conferma che sia indispensabile una programmazione adeguata del governo del territorio. Argomento importante sul quale però, le organizzazioni agricole non vogliono più essere soggetti passivi, ma anzi, contribuire attivamente alle nuove politiche del settore.

Politica regionale tiepida. Tanti i temi affrontati nel corso dei lavori aperti dal direttore regionale di Coldiretti, Luca Saba: «Peccato che persino il Programma di sviluppo rurale della Regione contempli i cambiamenti climatici solo per quanto riguarda piccoli interventi e all’interno di alcune “misure”: è evidente che ancora non esista una politica regionale su questi temi», ha detto. «Nonostante il problema della desertificazione riguardi una vasta area del Mediterraneo, manca ancora un progetto comune da portare a Bruxelles», ha aggiunto Saba che, reduce da un recente incontro internazionale tenuto a Barcellona, ha ricordato come «il sempre più frequente alternarsi di periodi siccitosi a cicloni devastanti si verifichi ormai in tanti Paesi europei del bacino Mediterraneo».

C’è chi si è mosso. Eppure, la Sardegna, come ha segnalato il professor Roggero, è una delle poche regioni con strategia di adattamento al cambiamento climatico. Le imprese agro-zootecniche, ad esempio, in questi anni sono riuscite ad intervenire per affrontare gli effetti del clima. Ci sono esempi di allevatori ovini che, in previsione di un calo percentuale del 30 per cento delle piogge nei prossimi dieci anni che comporterebbe una riduzione del reddito aziendale, hanno puntato sulla riduzione dei capi allevati e sulla trasformazione in azienda del latte. Ma chiaramente non può bastare, i cambianti del clima continuano a rappresentare un problema «da affrontare in modo strategico e sinergico, mettendo insieme le competenze scientifiche con le esperienze delle aziende e occorre programmare insieme alla politica».

Il caso Arborea. L’anno scorso per tre volte il Comune di Arborea ha dichiarato lo Stato di calamità. «È successo a maggio e per due volte a novembre, con danni denunciati dagli agricoltori pari a quasi due milioni di euro», ha detto la sindaca della cittadina della Bonifica, Manuela Pintus. Arborea è un territorio particolarmente esposto a questo tipo di eventi climatici che, quando avvengono, mettono in pericolo tutto, compresa la popolazione che, per il 53 per cento, vive in campagna. «La resilienza gli agricoltori l’hanno applicata da sempre – ha detto ancora Pintus – dimostrando una capacità di adattamento straordinaria». Però quel che serve è un sistema di prevenzione e difesa del territorio adeguato «partendo magari dalla stessa lungimiranza che, un secolo fa, mostrarono i progettatori della bonifica di queste terre», ha aggiunto il presidente provinciale di Coldiretti, Giovanni Murru che ha ricordato come il reingresso della Sardegna all’interno dell’Obbiettivo 1, sia un’occasione imperdibile perché permetterà l’accesso a nuovi importanti finanziamenti da investire nella difesa del territorio ma anche, per poter avere adeguate risorse idriche da utilizzare nei periodi siccitosi.

La risorsa idrica. La gestione delle acque e la difesa del territorio, continuano a soffrire di mancanza di organizzazione: basti dire che per esempio di tutta l’acqua che cade ne raccogliamo solo l’11%. L’esempio viene dalla gestione delle dighe «sottratta ai Consorzi, che pure le avevano realizzate», ha detto Gavino Zirattu, presidente regionale dell’Associazione nazionale bonifiche. Anche Massimo Gargano, direttore nazionale dell’Anbi ha sottolineato come, il ruolo dei Consorzi di bonifica, debba essere valorizzato, recuperando le esperienze positive del passato. Il Consorzio dell’Oristanese, nel frattempo, punta ad una modernizzazione sempre più spinta verso la gestione delle acque per l’agricoltura. Il commissario straordinario, Cristiano Carrus, ha infatti annunciato l’avvio di un piano di interventi sia per la gestione dei canali ma anche per l’anticipazione a febbraio dell’inizio della stagione irrigua.

Gli ostacoli della legge. «I problemi legati ai cambiamenti climatici sono nell’agenda della Giunta regionale – ha rassicurato l’assessore regionale all’Ambiente, Gianni Lampis – servono però azioni mirate che permettano di fermare lo spopolamento delle aree interne che, senza il governo e la presenza degli agricoltori, sono particolarmente esposte agli effetti negativi delle calamità naturali e di conseguenza, accelerano il processo di desertificazione». Secondo l’assessore, ad esempio «Non si può continuare a impedire agli agricoltori di modernizzare le proprie aziende. Servono interventi anche sotto il profilo urbanistico che ad esempio, ci permettano di superare i troppi vincoli che ostacolano persino la realizzazione di un capannone».

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