La Nuova Sardegna

La divina Lia, vita da diva amica di Totò e Strehler

di Serena Lullia
La divina Lia, vita da diva amica di Totò e Strehler

La soprano e attrice maddalenina Origoni festeggia i suoi cento anni  Dall’esordio davanti alla figlia di Garibaldi al no all’invito a cena fatto da Goebbels

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INVIATA ALLA MADDALENA. Dea del canto lirico sui più importanti palcoscenici europei. Voce dalle sfumature armoniche uniche che ne hanno fatto un talento musicale del ‘900. La carriera cominciata a 14 anni davanti alla tomba di Garibaldi a Caprera, sotto gli occhi estasiati di donna Clelia, la figlia del Generale. Era il 1934. Lia Origoni ha attraversato cento anni di storia con l’eleganza di una nobildonna. La stessa con cui scendeva le scale dei teatri con portamento fiero, come se volasse. La vita come un romanzo. Amica di Totò, pupilla di Strehler, “rivale” di Anna Magnani da cui prese anche un calcio, prima interprete italiana dell’Opera da tre soldi di Brecth. Ma anche stilista, insegnante di inglese, tecnico del suono. Diva degli anni 40’, ’50 e ’60 ma solo sotto i riflettori. La soprano maddalenina non ha mai permesso ai capricci della fama di contaminare la sua natura semplice e riservata. Insofferente alla vita mondana e ai luoghi della Dolce vita. Calato il sipario tornava a essere solo Lia. Una donna. Niente trucco, mai una tinta ai capelli. Lo smalto rosso solo in scena. A 50 anni l’addio alle scene quando ancora il campanello della sua voce stordiva di emozioni il pubblico. Rigorosamente senza microfono. Scelta di orgoglio, per lasciare alla storia la bellezza autentica della sua voce. Da allora non ha mai fatto più vibrare quello strumento divino scoperto all’età di 4 anni. Nemmeno per canticchiare sulle sue interpretazioni che lei stessa, in un lavoro di due anni, ha digitalizzato dalle vecchie bobine.

Centenaria ribelle. Lia Origoni oggi è una splendida centenaria. Il tempo ha reso incerto il suo passo, ma non ha cancellato l’austera bellezza, resa immortale da centinaia di foto in bianco e nero, quadri e sculture. La sua voce continua ad avere un suono pieno, chiaro. Un cinguettio. «Non mi sento vecchia – afferma –. Però quando mi alzo e il mio passo è incerto mi dico “attenta Lia, che gli anni contano”. Poi mi ribello, sono sempre stata una ribelle. Anche quando la mia badante, che tra l’altro si chiama Lia, vuole aiutarmi, le dico “no, devi lasciarmi fare da sola”. Sono fatta così. Nella vita sono spesso stata sola e ho imparato a risolvere i problemi senza l’aiuto degli altri». Un solo rimpianto. «Non aver potuto viaggiare come avrei voluto».

Il dono della voce. Definita un campanello per la ricchezza di armonici, la voce della giovane Lia lascia senza parole durante le audizioni. «Sono nata così, non è merito mio – dice senza divismo –. A 8 anni pensavano fossi nana perché possedevo una voce potente. Non era forte, ma quando facevo gli esercizi, gli armonici si mettevano in contatto con quelli del pianoforte». Lia canta senza microfono in platea come all’aperto. Uno strumento amplificato in modo naturale. A 14 anni l’ esibizione a Caprera è la sua prima audizione. Davanti a Clelia Garibaldi e al tenore Bernardo De Muro intona alcune arie tratta dai film di Marta Eggerth. Il suo talento non passa inosservato. Viene convinta a lasciare gli studi di violino e a dedicarsi al canto. «Frequentavo il ginnasio ma passai alle magistrali – racconta –. Il maestro di canto mi voleva dare l’insufficienza perché non gli piaceva la mia voce. Avevo la media dell’ 8, ero brava ma non secchiona. L’insegnante di disegno mi diede 10 costringendo quello di canto a darmi 6. Fui promossa e lui perse il posto».

Totò gran signore. A 20 anni, con “Tu che mi hai preso il cuore”, nel 1939, firma il contratto numero 1 per l’Ente italiano audizioni radiofoniche, quello che negli anni ‘50 diventerà la Rai. Nello stesso anno è al fianco di Totò e di Anna Magnani. «Ho debuttato con Totò, mi adorava – ricorda –. Andavo sempre con lui in macchina. Era un gran signore. Disprezzava le donne facili e mi aveva messo in guardia dalle depravazioni del mondo del teatro. Io ero ingenua. I suoi consigli furono preziosi». Da un calcio nasce l’amicizia con la Magnani. «Avevamo entrambe i capelli neri. Io non ero famosa e in scena mi scambiavano per lei. Mi disse di farmi bionda. Le risposi di no. Mi diede un calcio. Poi capii il mio rifiuto e diventammo amiche».

Voce spaccacuori. La voce di Lia Origoni, unita alla sua bellezza, conquista spettatori e spezza cuori. Mentre si trova a Berlino in tournée, due ammiratori si prendono a pugni fuori dalla sua stanza d’albergo per conquistare il diritto a consegnarle un mazzo di fiori nel giorno del suo compleanno. «Non sono mai venuta meno ai miei principi e ai miei valori – dice con orgoglio –. Avevo un fidanzato siciliano miliardario. Quando scoprii che faceva uso di cocaina accettai un contratto a Berlino e lo piantai in tronco. Ogni giorno mi mandava un telegramma dicendomi che le partecipazioni erano pronte. Non ne volli più sapere». No a Goebbels. Con la stessa determinazione Lia rifiuta l’invito a cena del ministro tedesco per la propaganda Goebbels. È il 1942. Il potente braccio destro di Hitler vuole dare un ricevimento al Plaza per la soprano maddalenina. «Non cedetti di fronte alle pressioni della responsabile dei rapporti culturali Italia-Germnia né del direttore del teatro. Gli dissi chiaramente “Mi hai scritturato per cantare o andare a cena con Goebbels?”».

L’addio alle scene. Dopo una vita di successi, dal repertorio classico a quello folklorico alla Rivista, dopo essersi esibita in Germania, Polonia, Francia, Egitto. Dopo aver lavorato con star come Paolo Poli, Piero Umiliani, Giorgio Strehler, Macario, Tina Pica, a 50 anni dice addio alla musica. «Ho detto basta e da allora non ho più cantato – sottolinea –. Nemmeno canticchiato, mai intonato più nulla. Dopo la musica però mi sono dedicata a tante altre attività. Fare cose nuove è sempre stata una mia esigenza naturale. Ho avuto una casa di moda per alcuni anni insieme a mia sorella. Facevamo modelli esclusivi e avevamo una clientela quasi tutta inglese».

Amante del pc. A metà degli anni ’80 il ritorno alla Maddalena e la passione per il computer. «In due anni, da sola, ho digitalizzato 250 brani dalle vecchie bobine – spiega – passandole da mono a stereo e ripulendo il suono in maniera maniacale. Non c’è un solo tic. Ho fatto anche le copertine dei miei cd e li ho messi in rete». L’artista isolana passa moltissimo tempo al pc. «Mi informo, leggo, gioco a carte, controllo le visualizzazioni dei miei brani, ascolto anche musica – conclude –. Mi accorgo però che oggi il testo è considerato sempre meno importante. Un esempio? Il brano “Soldi” di Mahmood. Inascoltabile».



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