La Nuova Sardegna

Bimba uccisa alla Metro otto mesi ai due dirigenti

di Mauro Lissia
Bimba uccisa alla Metro otto mesi ai due dirigenti

Responsabili di omicidio colposo il manager dell’azienda e il direttore della sede Un pallet da 350 chili cadde da uno scaffale e finì addosso alla piccola Sofia Saddi

01 novembre 2019
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CAGLIARI. Forse si tratta di una forma di responsabilità remota, difficile da dimostrare in modo inoppugnabile. Ma se un pallet da 350 chilogrammi cade da uno scaffale e piomba su una bimba di due anni uccidendola, una colpa dev’esserci e per il giudice Roberto Cau c’è. La sentenza è la conseguenza diretta del ragionamento del magistrato, che si potrà conoscere solo al deposito del giudizio abbreviato: otto mesi di reclusione con la condizionale per il milanese Maurizio Casalotto Cossu, amministratore della Metro Italy Cash and Carry spa, e Fortunato Stochino, cagliaritano, dirigente dello stabilimento Metro di Elmas entrambi, imputati entrambi di omicidio colposo. Sono cinque mesi in più di quanto aveva chiesto lo scorso 24 settembre il pm Andrea Massidda e rappresentano un colpo duro inferto ai difensori Marco Della Valle e Massimo Delogu, dichiaratamente convinti che quanto accaduto il 21 ottobre 2016, quando la piccola Sofia Saddi rimase senza vita sotto una pesantissima confezione di materiale da imballaggi, non fosse stato altro che una tragica fatalità.

Il commento dell’azienda, affidato a una nota diffusa via agenzie di stampa: «Metro Italia, nell'apprendere la decisione del giudice, si dichiara ancora convinta che gli atti delle indagini preliminari, la consulenza tecnica, con l'ulteriore documentazione depositata e le argomentazioni della difesa, siano in grado di dimostrare l'insussistenza delle contestazioni e l'assenza di responsabilità degli imputati». Un commento pacato, che implica la scelta annunciata fin d’ora di ricorrere in appello contro la decisione del giudice Cau.

Anche per il pm Massidda la tragica fine di Sofia Saddi poteva essere evitata. L’accusa era fondata tutta sulla consulenza tecnica elaborata dall'esperto in sicurezza Salvatore Gianino, che il pm ha spesso citato nel corso della requisitoria: per il perito nominato dal giudice i rompitratta, le barre necessarie per sorreggere il peso dei pallet, non erano stati sistemati correttamente negli scaffali perché dovevano essere avvitati, una responsabilità direttamente riconducibile al datore di lavoro. Come dire che secondo la Procura il responsabile della rivendita di Elmas e l'amministratore delegato della società non avrebbero preso le misure necessarie perché la scaffalatura fosse installata e utilizzata correttamente, come raccomandato dalla casa produttrice. Niente di tutto questo, per i difensori: gli avvocati Della Valle e Delogu hanno sostenuto come sia impossibile determinare le ragioni che hanno provocato la caduta del carico, che era sistemato esattamente come in tutti gli altri magazzini Metro del mondo. Quello avvenuto a Elmas è l'unico incidente del genere mai avvenuto, non ci sono precedenti. Il che - per i difensori - conferma che le misure di sicurezza indicate come necessarie dal perito del tribunale non trovano riscontro altrove e averle disattese non ha provocato alcun incidente nell'arco di decenni. Peraltro - hanno detto ancora i due avvocati - quelle norme non risultano scritte da nessuna parte e i due dirigenti non avevano alcuna ragione per applicarle.

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