La Nuova Sardegna

«Dorsale ed elettrodotto per gestire la transizione»

di Giuseppe Centore
«Dorsale ed elettrodotto per gestire la transizione»

Il docente Pilo: «Si può decarbonizzare entro il 2025 ma per farlo serve il gas»

07 dicembre 2019
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CAGLIARI. Dorsale o elettrodotto? Sembra una domanda per addetti ai lavori e invece riguarda tutti i sardi, le loro bollette e le possibilità di sviluppo. Per provare a fare chiarezza su questi aspetti abbiamo sentito il docente universitario Fabrizio Pilo. Transizione energetica, nuove infrastrutture, ricerca e sviluppo i temi affrontati nell’intervista.

La Sardegna oggi ospita due centrali a carbone (Eph a Portotorres e Enel a Portovesme). Ci sono i tempi tecnici per la chiusura dei due impianti e la costruzione di due analoghi a gas al 2025 quando non si potrà più bruciare carbone?

«Nel caso delle due centrali si tratterebbe di un revamping, ovvero della modifica di un impianto a carbone in un ciclo combinato a gas. Il lavoro può essere realizzato con approccio modulare e la tempistica trae sicuramente beneficio dal fatto di operare in un sito industriale già infrastrutturato. Revamping di questo genere sono stati realizzati in un notevolissimo numero di centrali italiane; i tempi di realizzazione possono essere compresi fra due e quattro anni ma contestualmente al revamping è necessario avere la disponibilità del gas naturale».

Il gestore della Rete ha analizzato in diversi studi l'impatto che può avere sull'intero sistema la chiusura delle centrali a carbone e l'incremento della componente rinnovabile. L'aumento di produzione della componente eolica e fotovoltaica, che oggi per divide il paese, con il 44 per cento del fotovoltaico al nord e l'80 per cento dell'eolico al sud e isole, può essere gestito dalla attuale rete oppure c'è bisogno di un sistema più integrato, nuovi sistemi di accumulo e un passaggio più efficace tra sud e nord?

«La questione principale per orientare gli investimenti sono gli scenari di sviluppo cui si pensa. Se si adotta come scenario di sviluppo quello del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, la presenza di rinnovabili è tale che è necessaria una serie di investimenti nella rete per ridurre i differenziali di prezzo fra zone (eliminando i limiti tecnici di trasporto dell’energia prodotta), ottenendo un migliore funzionamento del mercato, e garantire la piena operatività dei nuovi impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili senza incappare nell’overgeneration, ovvero nella necessità di tagliare (e remunerare in alcuni casi) la loro produzione per mantenere adeguati livelli di sicurezza e adeguatezza del sistema. Incrementare l’interconnessione, eliminare i colli di bottiglia fra zone, aumentare la capacità di trasporto è sempre positivo per il sistema».

Tra i progetti presentati e richiesti come strategici da Terna vi è il nuovo elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente. Perché è così importante e che impatto può avere sul futuro sistema sardo?

«L’elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente nasce originariamente come un secondo SAPEI, ovvero una nuova connessione, fra Sardegna e Continente. Lo studio orografico del fondale ha mostrato la maggiore convenienza di una connessione con la Sicilia e per questo oggi si ragiona di un Sicilia-Sardegna-Penisola Italiana. Costruire un nuovo elettrodotto porta sempre benefici al sistema elettrico, quanto meno in termini di affidabilità e continuità del servizio. La questione vera è dunque utilizzare nel modo migliore il budget a disposizione, individuando con una procedura oggettiva e trasparente gli investimenti da realizzare. Esistono infatti procedure standardizzate a livello europeo e leggi dello stato che impongono la modalità con cui eseguire la valutazione dei costi e dei benefici degli investimenti in questo settore, e utilizzando i due possibili scenari di sviluppo i benefici (proiettati al 2030) del nuovo elettrodotto sono in grado di superare i costi dell’investimento, pari a 2,6 miliardi di euro. I vantaggi per gli utenti sardi saranno dovuti a un calo del costo dell’energia e dei servizi. Studi svolti dal gruppo di ricerca in Sistemi Elettrici per l’Energia dell’Università di Cagliari hanno confermato che al 2030, senza la presenza di una connessione aggiuntiva, la overgeneration in Sardegna potrebbe raggiungere valori significativi e limitare la produzione da fonte rinnovabile, con i conseguenti costi di sistema e ambientali. Lo studio ha confermato la necessità nel lungo termine di una nuova connessione con la penisola oltre le esistenti».

Esponenti politici e istituzionali stanno discutendo da settimane del rapporto che ci può essere tra elettrodotto e metanodotto (la cosiddetta dorsale). I sistemi sono antitetici? Nella Sardegna futura c'è spazio per entrambi?

«La disponibilità di metano non è antitetica all’elettrodotto. Il piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale prevede investimenti per centinaia di miliardi di euro. Se si investe tanto nella rete di trasmissione nel territorio nazionale che è metanizzato, si può ben investire sui due fronti anche in Sardegna. La scelta di realizzare o meno il metanodotto non dovrebbe essere contrapposta al rafforzamento della infrastruttura elettrica. È importante osservare che il gas naturale è elemento importante per la transizione energetica, anche se l’obiettivo finale della transizione è la riduzione dell’uso dei combustibili fossili (ad esempio produzione di energia elettrica da sole fonte rinnovabili). In prospettiva si useranno impianti a fonte rinnovabile per la produzione di metano e/o idrogeno; la realizzazione di infrastrutture per l’uso di gas naturale e la produzione combinata di energia e calore, anche su scala molto ridotta, potrebbe risolvere molti problemi di sistema fra cui anche il consumo nei trasporti».

L'energia, come i trasporti, la pubblica amministrazione, i sistemi di collegamento virtuali e la conoscenza, sono i prerequisiti per far crescere qualunque area ai margini dello sviluppo. La Sardegna non sfugge a queste regole. È centrale o no la modalità di produzione dell'energia in una area come la nostra se scontiamo deficit sugli altri settori?

«La questione energetica sarà centrale per il prossimo trentennio. Poter produrre a basso costo e in modo sostenibile energia verde, spostare l’asse dei consumi verso energia elettrica e rinnovabile, usare il gas naturale in modo innovativo (fino alla sua produzione locale da fonti rinnovabili) è una carta importante per un’economia come quella sarda. Dobbiamo diventare una palestra per studiare nuove app, modelli di business per rendere possibile l’attuazione del futuro (consumo flessibile, veicoli che scambiano energia, transazioni peer to peer, aggregatori). In questo filone il fatto di essere in Sardegna non può costituire un limite, si tratta solo di avere le idee buone e i fondi per realizzarle. Se partiamo prima in questo settore, e possiamo farlo per il contesto e il know-how pregresso, le possibilità possono essere davvero tante. Si potrebbe insomma replicare una situazione simile a quella che permise il successo di Tiscali all’inizio dell’era Internet».

I sistemi di accumulo, quanto rivoluzioneranno il mercato e cambieranno le tipologie di produzione? Quando vedremo le energie rinnovabili diventare la principale fonte energetica nazionale? Oggi sono al 20%, 18 anni fa erano al 7. Che ruolo potrà avere l'isola nella transizione energetica?

«Fra il 2030 e il 2050 la produzione di energia elettrica sarà affidata a impianti a fonte rinnovabile (la quota termoelettrica sarà fra 10 e 20%). I sistemi di accumulo sono cruciali per gestire una produzione non programmabile insieme alla partecipazione attiva dei consumatori. Accumulando energia in modo adeguato si può mantenere costante l’equilibrio fra produzione e consumo (essenziale per evitare il blackout). La Sardegna può diventare un modello di uso intelligente dell’energia, ma deve avere il giusto mix sia sul versante delle produzioni che su quello della loro trasmissione».

@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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