La Nuova Sardegna

Maxi yacht, occasione persa: dopo le vacanze scappano dalla Sardegna

di Giandomenico Mele
Maxi yacht, occasione persa: dopo le vacanze scappano dalla Sardegna

Scelgono il mare della Costa Smeralda ma fanno il rimessaggio a Barcellona. Fasolino: «Dobbiamo creare le occasioni per trattenerli in Sardegna»

07 dicembre 2019
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OLBIA. Sardegna, quasi 2mila chilometri di coste e uno sviluppo limitato per la nautica da diporto. È lo specchio di un potenziale inespresso, soprattutto economico, quello che emerge dal “Settimo rapporto sulle dinamiche e prospettive di mercato della filiera della nautica da diporto”, presentato ieri a Olbia da Cna produzione, in collaborazione con il Centro studi nazionale di Cna insieme ad Eures, istituto di ricerche economiche e sociali.

Un dato su tutti arriva proprio dalla Gallura, regina estiva per yacht e maxi yacht e il turismo di lusso. Il 17% degli yacht più costosi del mondo, che ha un valore patrimoniale complessivo di 50 miliardi di euro, d’estate naviga nelle acque della Gallura. Ma l’85% di questo straordinario patrimonio galleggiante va a fare il rimessaggio a Barcellona. «Dobbiamo creare bandi per consentirgli di eseguire il refit in Sardegna – ha spiegato Giuseppe Fasolino, assessore regionale al Bilancio e Programmazione –. Ciascuna di queste navi ogni tre anni lascia il 5% del suo valore nel luogo dove esegue il rimessaggio». Un gap ancora più inspiegabile se, stando ai dati prodotti da Superyacht Times, nel biennio 2017-2018 l’attività di refit sui grandi yacht di lunghezza superiore ai 40 metri ha visto l’Italia giocare un ruolo di leadership: con 295 interventi su un totale mondiale di 1254, in più di 100 cantieri in giro per il globo. Italia in cima alla classifica per le unità lavorate, precedendo gli Stati Uniti e la Francia e, fuori dal podio, la Spagna. Dunque, cosa aspetta la Sardegna?

L’isola. La Sardegna che, invece, risulta essere la seconda regione italiana per numero di posti barca, con 19.482 parcheggi per uso diportistico. Sono occupati però da unità da diporto nautico regolarmente iscritte agli uffici marittimi “solo” 4.423 di questi posti barca, con un numero di 22,7 unità iscritte per ogni 100 posti barca. Quest’ultimo viene definito indice di affollamento. Dimostra come la Sardegna, in quanto isola, con un potenziale costiero importante, non riesca a valorizzare completamente l’attuale numero di posti barca. La Liguria, prima regione italiana per numero di posti barca, con 23.775 approdi, conta 18mila unità da diporto iscritte. Oltre quattro volte quelle della Sardegna.

La crisi. Dal 2008 al 2017, il periodo preso in considerazione dalla Cna, si assiste alla scarsa crescita del numero di imbarcazioni ormeggiate in Sardegna: l’isola vede un magro incremento del 1,5%, penultima regione seguita solo dalla Campania e dalla stessa Liguria. A tenere in linea di galleggiamento il mercato hanno contribuito certamente le imbarcazioni sopra i 24 metri. Yacht e maxi yacht, infatti, nello stesso periodo hanno registrato una crescita di quasi il 40%, che compensa la caduta libera delle imbarcazioni da diporto di lunghezza compresa tra i 10 e i 24 metri. «Anche nel settore della nautica la Regione non riesce a spendere le proprie risorse, che sono fondamentali per il destino di molti imprenditori – ha sottolineato Fasolino –. La responsabilità spesso è dei soggetti attuatori, gli enti locali non riescono a spendere le risorse a causa dei tempi necessari per ottenere un nullaosta, o una autorizzazione paesaggistica. Dobbiamo commissariare gli enti che non rilascino tempestivamente queste autorizzazioni».

L’economia. La Sardegna resta ancora indietro in relazione alle attività economiche legate alla nautica, nonché al numero di addetti impiegati. L’isola vede 196 imprese attive nel settore della nautica, il 7,5% del totale in Italia. Il numero di addetti complessivi è 553, il 4,1% del totale nazionale. Numeri decisamente inferiori a regioni come Toscana e Liguria, che sono sullo stesso livello della Sardegna, invece, per numero di posti barca. I ricavi totali derivanti dalle attività della nautica ammontano nel 2017 a quasi 53 milioni di euro, il 4,6% del totale italiano. Molto indietro rispetto, per esempio, a Toscana (285 milioni di euro) o Lombardia ( 80 milioni di euro). Imprese sarde che, come detto, sono prevalentemente di piccole dimensioni. Il 2018, tuttavia, sembra essere stato quello del rilancio, con una crescita del 14,2%, trainato dal boom delle esportazioni con un + 8%. «Il settore resta caratterizzato da una netta prevalenza di micro e piccole imprese, quelle che contano fino a un massimo di 49 dipendenti, che rappresentano oltre il 90% del mercato e occupano oltre la metà degli addetti – ha spiegato Antonio Murzi, coordinatore Centro studi Cna nazionale -. Poi rileviamo anche notevoli differenze territoriali: il centro nord Italia conta oltre il 30% dei posti barca rispetto al solo 9% di superficie costiera».

La Cna. «Il comparto si rende disponibile ad un confronto costruttivo, per trovare soluzioni ai problemi – hanno sottolineato Benedetto Fois e Marina Deledda, presidente e direttrice di Cna Gallura –. È imprescindibile il riconoscimento del valore della filiera e delle marine, che riconoscono la centralità del valore territoriale, del contesto ambientale e dell’attrattività complessiva, ma che chiedono ascolto e provvedimenti tangibili per mettere a frutto le proprie potenzialità a vantaggio del benessere di tutta la popolazione sarda».

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