La Nuova Sardegna

Pinna nobilis in pericolo: è a un passo dall’estinzione

Claudio Zoccheddu
Pinna nobilis in pericolo: è a un passo dall’estinzione

Un parassita killer ha decimato il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo .Specie inserita nelle liste dell’Unione mondiale per la conservazione della natura

13 dicembre 2019
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SASSARI. È il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo ma potrebbe diventare il protagonista di un racconto ambientato nei tempi che furono. La Pinna Nobilis, “nacchera” per gli amici, è a un passo dall’estinzione e presto potrebbe scomparire dai fondali dell’isola e di tutto il Mar Mediterraneo. E il passo sarebbe drammaticamente corto dato che, nelle sole coste galluresi, i biologi di Sea Me Sardinia, in collaborazione con il Centro Velico Caprera e con il supporto di One ocean foundation e Synergie Italia, hanno censito 354 esemplari, di cui solo 4 vivi. IL responsabile è un protozoo killer che sta sterminando i sopravvissuti all’invadenza di un predatore spietato: l’uomo.

Lista rossa. A certificare il pericolo mortale che incombe sul futuro prossimo delle nacchere c’è anche l’ingresso datato 10 novembre 2019 nelle “liste rosse” dell’Unione mondiale per la conservazione della Natura (Iucn) nella categoria “in pericolo critico”, che poi è quella immediatamente precedente all’estinzione. C’è però un aspetto che aggiunge drammaticità alla vicenda e che spiega come i tempi a disposizione dei paladini del mare siano limitatissimi: nelle liste dell’Iucn prima del “pericolo critico” ci sono sei livelli precedenti che la pinna nobilis ha saltato a piè pari raggiungendo il rischio di estinzione in un tempo talmente breve che non gli ha permesso di comparire se non quando ormai la sua ora era vicina.

Il parassita. Sembra strano ma il responsabile dell’estinzione delle nacchere non è l’uomo. Perlomeno per quanto riguarda il fatidico “colpo di grazia”, nonostante in passato si sia prodigato per mettere a rischio le nacchere, un po’ per questioni alimentari, un po’ per smanie puramente estetiche. Si va dalle modifiche dei litorali all’inquinamento, dall’ancoraggio selvaggio alla pesca a strascico. A recitare il “de profundis” del mega mollusco è un parassita protozoo dal nome quasi impronunciabile: haplosporidium pinnae. La tecnica di aggressione del protozoo e la geografia degli attacchi la spiegano i biologi di Sea Me: «Infetta i tessuti e, quando raggiunge l’apparato digerente, finisce per ucciderla per fame. All’inizio dell’autunno 2016 è stato rilevato un episodio di mortalità di massa sulla costa spagnola che si è diffuso in tutto il resto del Mediterraneo. In soli tre anni, purtroppo, oltre il 90 per cento della popolazione totale del Mediterraneo è morto».

L’esperto. La percentuale di mortalità è addirittura peggiore nelle acque tutelate e monitorata dai biologi dell’Area marina protetta “Tavolara - Punta Coda Cavallo”: «La moria massiva della pinna nobilis ha interessato il 98 per cento degli esemplari nelle acque della nostra Area marina – spiega il direttore, Augusto Navone –. Noi stiamo monitorando gli esemplari ancora vivi, che purtroppo si contano sulle dita di una mano, e siamo in contatto con i network dei biologi spagnoli che hanno studiato il fenomeno, cosa che purtroppo in Italia non è avvenuta. Per fortuna la Regione si è interessata e ha attivato un piano di azione che prevede report periodici da tutte le Amp e test genetici, eseguiti dai genetisti dell’Università di Sassari». La speranza, infatti, è l’ultima a morire: «In determinate situazioni il protozoo killer non ha causato la moria della pinne nobilis – aggiunge Augusto Navone –. Nelle vicinanze delle zone in cui si registra un apporto di acqua dall’interno, o delle lagune, ci sono sacche di resistenza, forse per merito delle diversità salinità. La speranza è che eventuali esemplari sopravvissuti possano colonizzare nuovamente i nostri mari». Anche perché l’estinzione di una specie potrebbe portare in dote alle acque del Mediterraneo altri problemi che, per di più, non possono essere anticipati con certezza scientifica: «Una cosa è certa, perderemo tantissimo in materia di biodiversità. Prevedere con precisione quello che potrebbe accadere dopo l’eventuale estinzione della pinna nobilis non è per nulla facile ma quando un organismo è inserito in un contesto ha sempre, ad esempio, esseri viventi simbionti», conclude il direttore dell’Amp di Tavolara. L’estinzione della pinna nobilis potrebbe “spiazzare” altre specie animali cambiandone le regole vitali e quindi i parametri di sopravvivenza. Equilibri delicatissimi e da rispettare. L’alternativa è l’estinzione di specie iconiche come la pinna nobilis, il più grande mollusco bivalve che viveva nelle acque del Mediterraneo.

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