La Nuova Sardegna

Clima sempre più pazzo, in Sardegna le clementine fanno flop

di Antonello Palmas
Clima sempre più pazzo, in Sardegna le clementine fanno flop

Zurru, Agris: «Crollo della produzione a macchia di leopardo dal 30 sino al 70%». Colpa del freddo e del caldo eccessivi nel momento più delicato della crescita

15 dicembre 2019
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SASSARI. Il crollo piuttosto vistoso della produzione delle clementine caratterizza la stagione degli agrumi sardi, che invece vedono l’arancia tenere sostanzialmente rispetto alla media degli ultimi anni, con qualche zona che lamenta una riduzione. Roberto Zurru, responsabile del servizio trasformazione e qualità delle produzioni di Agris, parla di un «calo di produzione generalizzato in tutta Italia per quanto riguarda le clementine: a seconda delle zone si va dal 30 sino al 70 per cento. Colpa del ritorno del freddo durante la fase di germogliamento che ha danneggiato la successiva fioritura, seguito da un caldo molto intenso nella prima fase di crescita, la più delicata, tra giugno e i primi di luglio».

Il fenomeno si è verificato a macchia di leopardo nei vari areali, in maniera variabile: anche all’interno delle stesse zone c’è chi ha perso di più e di meno. «Sembra che la zona di Muravera sia stata danneggiata molto più rispetto alle altre principali aree agrumicole, villacidrese e Milis – spiega Zurru – La qualità, visto il calo produttivo notevole, è però migliorata nel senso che il calibro dei frutti è aumentato, provocando un aumento dei prezzi (80-90 centesimi al chilo, gli altri anni era 40-50) che però non riesce a compensare le perdite».

La clementina dell’isola viene commercializzata soprattutto in Sardegna: «Non abbiamo volumi a sufficienza anche in annate normali, tali da consentire di creare un flusso commerciale costante nel tempo, motivo per il quale non c’è la possibilità di fare contratti» dice l’agronomo di Agris. Cosa che invece è possibile a Spagna e Puglia in particolare, mercati cui è difficile tenere testa. Un vero peccato perché la clementina sarda è particolarmente buona, e non solo per il fatto che la sua durata è superiore non dovendo affrontato viaggi: «Molto succosa, ottime caratteristiche organolettiche, buon equilibrio tra zuccheri e acidi – dice Zurru – E generalmente è senza semi, particolare che la rende particolarmente apprezzabile dal consumatore».

E per ora sembra immune dal terribile virus chiamato della “tristezza”, una malattia partita dalla Spagna che ha distrutto milioni di piante e ha fatto molti danni anche in Sicilia. «Merito dei portinnesti utilizzati nella nostra isola – spiega Zurru – che resistono molto bene, contrariamente a quelli di arancio amaro usati altrove. Inoltre sembra che i ceppi virali presenti in Sardegna siano meno pericolosi».

Quello della produzione ridotta è uno dei grossi limiti del settore, «ma soprattutto pesa un problema comune a tanti altri comparti dell’agricoltura sarda – dice Zurru –, è cioè l’incapacità di lavorare insieme, per cui ognuno vende per conto suo sul mercato. Questo ci rende molto deboli, senza forza contrattuale nei confronti di chi commercializza il prodotto. Una realtà aggregata che ha dimostrato negli anni di saper lavorare molto bene è la Associazione agricoltori villacidresi, cooperativa che proprio per questo ha invece ha maggiore forza contrattuale. Non a caso ritengo che Villacidro sia ormai il principale polo agrumicolo e frutticolo isolano».

All’80-90 per cento la tipologia più diffusa è la clementina “Comune”, l’Sra 93– dice Zurru – un clone che l’allora consorzio per la frutticoltura, oggi Agris, portò negli anni 60 dalla Corsica, un ottimo frutto mai superato che si raccoglie nella fase centrale della stagione. Ci sono varietà più precoci come la Caffin, anch’essa importata dalla Corsica, si raccoglie 15-20 giorni prima ma non produce come l’altra ed è poco diffusa. Abbiamo poi clementine tardive, ma di scarso rilievo.

Per quanto riguarda le arance, la Navelina (la più precoce) e la Washington Navel sono le più diffuse. C’è il ritorno del Tarocco, anche se con superfici molto inferiori, favorito dalla selezione di diverse nuove varietà, specie quelle con la pigmentazione rossa che attirano per il colore e le qualità nutraceutiche superiori rispetto alle bionde.

Una curiosità: il nome della clementina, variante del mandarancio dovuta all’incrocio tra mandarino e arancio amaro, deriva dal frate algerino padre Clément Rodier, che secondo la leggenda avrebbe avuto l’idea. Ma secondo alcuni l’origine di questo frutto si perde nel tempo e l’incrocio sarebbe stato fatto in Cina. Padre Clement avrebbe solo fatto conoscere il prodotto in Occidente, quanto basta per legare per sempre il suo nome a uno dei frutti più apprezzati.

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