La Nuova Sardegna

SI DEVE CREARE UN SISTEMA DELLA CULTURA

di ANTONIETTA MAZZETTE

Quali sono le attività che rientrano nel Sistema Produttivo Culturale e Creativo? Essenzialmente sono di quattro tipi: 1) le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico...

16 dicembre 2019
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Quali sono le attività che rientrano nel Sistema Produttivo Culturale e Creativo? Essenzialmente sono di quattro tipi: 1) le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (dai musei ai monumenti); 2) le attività non riproducibili di beni e servizi culturali, definibili come Performing arts e arti visive (dai teatri ai concerti); 3) le cosiddette industrie culturali (dal cinema e la radio-TV all’editoria e la musica); 4) le attività che si occupano di comunicazione e servizi, architettura e design compresi.

È di tutta evidenza che questo Sistema è eterogeneo e si interseca nei diversi settori produttivi, ma in Italia è in crescita e sta contribuendo attivamente a creare occupazione prevalentemente di qualità: + 1,5% rispetto allo 0,9% del totale dell’economia, ossia oltre un milione e cinquecentomila persone, in gran parte laureate e con titoli post-laurea.

Se proiettiamo su scala territoriale questi dati, vediamo che il Nord-Ovest detiene il primato, seguito dal Nord-Est e dal Centro, mentre il Mezzogiorno fatica a stare al passo. Specificamente al primo posto c’è la Lombardia, in particolare Milano, e a seguire Roma e altre città come Bologna, Firenze, Torino, Siena, Arezzo, Trento. Come si colloca la Sardegna? Bene per ciò che riguarda l’editoria e la stampa - ma questo è dovuto a una presenza storica di piccole case editrici e dei due quotidiani dell’isola -, mentre è in affanno per tutte le altre attività, nonostante sia tra le regioni che hanno un patrimonio archeologico tra i più importanti del Mediterraneo e nonostante il turismo sia considerato come il settore trainante dell’intera economia.

Che cosa manca, dunque, perché anche in Sardegna la cultura si traduca in un fattore moltiplicativo sul resto dell’economia secondo una logica di filiera? Innanzitutto, la capacità di mettere in relazione i due “estremi”: il patrimonio storico artistico, in particolare quello archeologico, con le industrie culturali e le attività che si occupano di comunicazione e servizi; in secondo luogo, la capacità di acquisire un nuovo punto di vista (come ebbe a ribadire Massimo Bray nel convegno tenutosi a Sassari su “Il ruolo della cultura nel governo del territorio”), ovvero, considerare l’isola un museo a cielo aperto, bisognoso di tutela (non solo territoriale) e di cura, al fine di renderlo un bene pubblico; in terzo luogo, la capacità di mettere in relazione le specifiche competenze in materia di beni culturali, comunicazione e tecnologie digitali.

Ciò significa sia spostare l’attenzione politico-amministrativa dall’idea che il territorio sia un vuoto da riempire (si pensi al reiterato e anacronistico dibattito sul piano casa); sia ripensare tutto ciò che attiene ai settori dell’ICT come formazione tecnologica al servizio della cultura umanistica, e non il contrario.

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