La Nuova Sardegna

Magomadas, i titolari dell’impianto: «Da noi tutto in regola»

di Giulia Serra
Magomadas, i titolari dell’impianto: «Da noi tutto in regola»

I fanghi scaricati dai camion arrivano dalla Puglia. La politica in allarme

19 dicembre 2019
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MAGOMADAS. Inizia a trapelare qualcosa sui rifiuti che da luglio vengono scaricati a Magomadas nell'impianto gestito dalla ditta Geco srl. I fanghi arrivano da Acquedotto Pugliese, una grande impresa pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Regione Puglia e di alcuni Comuni delle regioni vicine. Sono il risultato dei processi di depurazione delle acque reflue e, come scrive la stessa Regione pugliese in una sorta di report sul tema datato 2018, «costituiscono, a livello regionale, ma anche nazionale, uno dei maggiori problemi gestionali degli impianti di depurazione sia da un punto di vista tecnico che economico». È in questo quadro che si potrebbe inserire il nuovo ruolo ritagliato dalla ditta Geco, che da 5 mesi accoglie in Planargia, in un'area nota per la produzione della Malvasia Doc, a due passi dal centro abitato di Magomadas, ma anche a pochissima distanza da Tresnuraghes e Flussio, i camion articolati provenienti da oltremare, balzati agli onori della cronaca dopo la denuncia pubblica del caso da parte dell'ex presidente della Regione Mauro Pili.

L'impianto della discordia non è un nuovo insediamento industriale. Da anni, gestito dalla ditta Ecoricicla srl, oggi Geco, si occupa del recupero di rifiuti edili provenienti da scavi, demolizioni di murature e pavimentazioni stradali. La svolta aziendale arriva il 28 marzo del 2017, quando la giunta regionale guidata dall'allora presidente Francesco Pigliaru autorizza il progetto di ampliamento delle attività che prevede il trattamento di 80mila tonnellate all'anno di fanghi di depurazione. Lo fa scegliendo di non sottoporre l'intervento a procedura di valutazione d'impatto ambientale, nonostante l'enorme quantitativo di materiale che può essere movimentato – per dare una linea di misura, il mega impianto di incenerimento in via di ultimazione a Tossilo avrà una capacità annuale di 60mila tonnellate di rifiuto all'anno – e la localizzazione dell'impianto a ridosso del centro abitato di Magomadas. Lo stesso impianto, oggetto oggi delle diverse interrogazioni sottoposte all'assessore regionale all'Ambiente dai gruppi consiliari del centrosinistra, della Lega, del Psd'Az, del M5s, è stato lo scorso mese di ottobre sottoposto a un periodo di sospensione delle attività dalla Provincia di Oristano, dopo le sollecitazioni di verifiche arrivate dal comune di Magomadas, che ha così dato seguito alle proteste dei cittadini per i forti odori percepiti nella zona dall'avvio estivo della nuova attività. Una diffida provinciale ora rientrata. Nel sito anche ieri i lavori procedevano con regolarità. I proprietari della società Geco, gli imprenditori Galleri e Angius, non hanno gradito la diffusione dei video, che considerano montati ad arte, da parte di Mauro Pili, e pensano a una querela, ma spiegano anche che l'impianto è sottoposto a controlli costanti e regolarmente autorizzato: «noi qui produciamo un prodotto per l'agricoltura», dicono.

I fanghi da depurazione possono prendere 3 differenti strade: finire in discarica, essere inceneriti in particolari impianti oppure essere utilizzati in agricoltura in maniera diretta o indiretta. La sola Puglia ha prodotto nel 2017 più di 244mila tonnellate di fanghi. Di queste, neppure 20 mila tonnellate sono state avviate in impianti di compostaggio pugliesi, sia per la bassa presenza di questa tipologia di piattaforme che per i sequestri giudiziari che hanno colpito le poche esistenti, sia per il blocco della riutilizzazione agronomica dei fanghi prodotti dai depuratori delle province di Lecce, Taranto, Brindisi, Bari e Bat. Indicativo il fatto che la stessa impresa Acquedotto Pugliese, di fronte all'impossibilità di allontanare i fanghi prodotti dai depuratori, nel settembre 2018 abbia emesso una informativa per acquisti in emergenza che ha per oggetto proprio il servizio per il loro smaltimento: in quella procedura emergenziale, ad aggiudicarsi la partita fu la società pugliese Ivra, con prezzi a tonnellata del fango, incluso il trasporto, che oscillavano tra i 139 e i 184 euro a tonnellata. Nel documento si legge «conferimento fanghi presso consorzio Cipnes situato in Sardegna, Olbia».

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