La Nuova Sardegna

La Brexit non fa paura ma frena l’immigrazione

di Claudio Zoccheddu
La Brexit non fa paura ma frena l’immigrazione

Per chi già vive e lavora nel Regno Unito i cambiamenti saranno marginali  Trovare lavoro sarà più complicato se verrà adottato il modello australiano

28 dicembre 2019
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SASSARI. Per loro il cambiamento potrebbe essere marginale, sempre che si mantengano le prospettive che oggi paiono più probabili. La Brexit, per come viene concepita a un mese dalla data di non ritorno, è un affare che preoccupa i migranti sardi del nuovo decennio. Quelli che hanno già varcato la manica e si sono sistemati nel regno di Elisabetta II sono spettatori interessati di un cambiamento che non dovrebbe stravolgere i loro orizzonti dipinti su sfondi in cui dovrebbe continuare a sventolare l’Union Jack. A patto che gli analisti abbiano interpretato alla giusta maniera le intenzioni del premier Boris Johnson e a patto che lo stesso Boris non estragga dal cilindro, anche se vista le denominazione di origine geografica sarebbe più appropriata la “bombetta”, qualche sorpresa amara. Per adesso, la Brexit non spaventa. In futuro si vedrà, soprattutto se la premier scozzese Nicola Sturgeon non abbandonerà la richiesta di un secondo referendum per la secessione della Scozia, fieramente europeista e poco disposta a pendere delle labbra di Boris Johnson.

I sardi in Uk. Stefano Erriu, di Cabras, fa il manager in un ristorante a Southampton: «Per il momento è tutto molto confuso e le informazioni che abbiamo a disposizione non ci permettono di valutare il futuro. Adesso con Boris Johnson sembra che si possa fare tutto quello che prima non pensavamo fosse possibile e c’è anche una data fissata. Vedremo quello che succederà, soprattutto che verrà scelta la strada dell’uscita “dura”. Per adesso sembra che per i lavoratori regolari già in Uk non cambierà molto. I problemi saranno casomai per i nuovi immigrati dato che pare che Johnson si sia orientato verso il modello australiano: quindi si potrà lavorare solo se già in possesso di un contratto e l’immigrazione verrà selezionata. Chi ha i titoli di studio sarà accolto diversamente e probabilmente potrà restare più a lungo. Gli altri faranno al massimo un anno, sempre che si scelga il modello australiano. Sarà comunque un problema perché i settori dell’hospitality (ristorazione) e del care assistant (assistenza anziani e malati) sono in mano quasi completamente agli immigrati che hanno permessi di soggiorno limitati».

Claudia Contini, 32 anni di Carbonia, chimica e ricercatrice all’Imperial College, vive a Londra da sei anni e mazzo e conferma l’incertezza che si respira nel Regno Unito: «Nel mio caso potrei richiedere la cittadinanza ma non è chiaro se i tre anni di dottorato possano essere contati nel computo totale: La mia università ha attivato un servizio che offre informazioni di questo tipo, vedremo». La ricerca, però, potrebbe essere tra i settori più colpiti: «Il 30 per cento dei nostri progetti è finanziato dall’Unione europea e qualche volta, per fortuna lontano da Londra, capita di non essere visti di buon occhio in quanto europei. Il che non è il massimo, lo assicuro. E poi c’è la questione del visto – aggiunge la ricercatrice – che ancora non abbiamo capito, anche se tutti qua dicono di non preoccuparsi. Intanto vedo molti ricercatori che fanno le valige e, anche se la mobilità è fisiologica nel nostro settore, non è un buon segnale per il futuro».

Alessandra Pili, di Cagliari, è la proprietaria dell’Acento Cafè di Glasgow: «Arriviamo da due anni di chiacchiere e anche dopo la vittoria di Johnson non possiamo dire di aver compreso quello che accadrà. In Scozia poi c’è la questione del referendum per lasciare l’Uk che sarebbe nelle intenzioni dell’Snl di Nicola Sturgeon che ha dominato le ultime elezioni. Per quanto riguarda gli immigrati, invece, pare che per chi come noi è in Uk da anni non cambierà poi tanto. Certo, io ho un bar ristorante e si parla già del 20% in più sulle importazioni provenienti dell’Europa ma anche in questo caso sono solo proiezioni. Non sappiamo nulla. Quello che sembra chiaro è che sarà molto complicato emigrare in Uk dopo la Brexit Nei settori come la ristorazione, l’agricoltura e l’assistenza medica sarà davvero complicato trovare la manodopera necessaria».

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