La Nuova Sardegna

Cabras, il padre del georadar: «Altri tesori nel Sinis»

di Piero Marongiu
Cabras, il padre del georadar: «Altri tesori nel Sinis»

Il geofisico Ranieri ha consegnato la relazione finale alla Fondazione di Sardegna. «Porteremo le nostre scoperte in contesti scientifici di rilievo internazionale» 

31 dicembre 2019
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CABRAS. Consegnata nei giorni scorsi alla Fondazione Sardegna la relazione conclusiva del geofisico Gaetano Ranieri che riporta i risultati raggiunti nei siti archeologici di Mont’e Prama, nell’ipogeo e nel villaggio di San Salvatore ma anche nello stagno di Cabras. Il lavoro, durato sei anni e mezzo, condotto da Ranieri e dalla sua equipe, consegna agli studiosi nuovi e preziosi elementi, fondamentali ai fini della ricostruzione del periodo storico in cui è nata e si è sviluppata la civiltà che ha vissuto in quel territorio e che ha realizzato le statue dei giganti. Le indagini effettuate da Gaetano Ranieri pare confermino, nei tre siti indagati negli anni 70 e tra il 2014 e il 2017, la presenza di un sito ben più grande e articolato rispetto a quello esaminato fino ad ora. Dalle anomalie rivelate dal georadar sembrerebbero emergere “strade, costruzioni quadrangolari, nuovi filari di tombe, recinti, gruppi di capanne circolari e forse anche delle cisterne”, scrive Ranieri. Altre importanti conferme sull’estensione del sito sarebbero arrivate dalle indagini effettuate dal geofisico nello stagno, esplorato per circa un sesto della sua estensione, che avrebbe confermato, sotto uno strato sedimentario di circa nove metri, la presenza di costruzioni trapezoidali.

«Lo stagno di Cabras è una vera sorpresa – aggiunge Ranieri –. Un paleo-lago e i relativi immissari raccontano un paesaggio antico straordinario, che varrebbe la pena conoscere meglio e quindi con altre ricerche e campionamenti». Il lavoro del professor Ranieri consegna, senza alcun dubbio, dati la cui importanza scientifica è di rilevanza assoluta. «Di quanto trovato parleremo nei contesti scientifici di rilievo internazionale – precisa Ranieri – ma non tralasceremo la divulgazione in ambito regionale, nazionale e internazionale. Il percorso che abbiamo intrapreso in realtà nacque dieci anni prima».

Sulla collina di Mont’e Prama, l’area sottoposta dallo studioso a un’indagine con il georadar ha rivelato la presenza di alcune migliaia di anomalie, di alcune hanno condotto gli archeologi al rinvenimento di importanti reperti, tra cui una statua. Nell’ipogeo invece, grazie ad una tecnica fotografica innovativa, sono emerse figure che non erano mai state individuate prima. Dallo stagno infine, con l’ausilio di uno strumento montato sulla barca, da sotto i sedimenti sono apparsi i contorni di costruzioni, la cui datazione potrebbe essere la stessa di Mont’e Prama e dell’ipogeo di San Salvatore. Il primo accenno ai risultati conseguiti durante le indagini il professor Ranieri lo aveva fatto nel giugno del 2015, durante un convegno organizzato nel carcere di Massama, da cui arrivavano i detenuti che avavano scavato nel sito. Concetti ribaditi, con il confrto dei dati, l’estate scorsa durante una serie di conferenze. Risultati che hanno caricato di attese gli studiosi e gli appassionati, e che, a questo punto, con la relazione finale consegnata alla Fondazione di Sardegna presto saranno di dominio pubblico. Ranieri ha concluso il suo lavoro a Mont’e Prama con una lunga serie di ringraziamenti: «Il percorso che abbiamo intrapreso ha avuto bisogno di essere alimentato da persone straordinarie, che hanno creduto in noi supportandoci anche moralmente. Solo per merito loro siamo riusciti a raggiungere certi risultati».
 

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