La Nuova Sardegna

Tecnocasic, si indaga per tentata concussione

di Mauro Lissia
Tecnocasic, si indaga per tentata concussione

L’ex manager e l’attuale direttore avrebbero fatto pressioni su un dirigente perché si dimettesse

11 gennaio 2020
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CAGLIARI. Sono indagati per concorso in tentata concussione il direttore generale del Tecnocasic Giulio Casula (60 anni) di Nuoro e l’ex amministratore Giuseppe Cuccu (55 anni) di Iglesias, consigliere regionale del Pd durante la legislatura Soru attualmente a giudizio per peculato in relazione all’uso dei fondi destinati ai gruppi politici. L’accusa è riferita alle pressioni che l’ingegnere cagliaritano Antonello Scotto, secondo la denuncia presentata dall’avvocato Patrizio Rovelli, avrebbe subìto a gennaio del 2019 perché si decidesse a dimettersi da dirigente, interrompendo anzitempo il periodo di prova previsto nel suo contratto di lavoro con la società controllata dalla Regione che gestisce il termovalorizzatore di Macchiareddu. Al suo posto, secondo la denuncia, sarebbe entrato un altro professionista legato alla politica. A iscriverli al registro degli indagati, modificando la contestazione originaria di violenza privata avanzata dalla Procura della Repubblica contro ignoti, è stata la Procura generale, che ha avocato il procedimento per decisione della responsabile del massimo ufficio requirente regionale Francesca Nanni. A chiederlo è stato l’avvocato Rovelli. Il fascicolo è ora nelle mani della sostituta Maria Grazia Genoese, il cui primo atto d’indagine è stato l’esame della parte offesa, lo scorso 19 dicembre. La decisione di ipotizzare il reato di tentata concussione - l’estorsione in ufficio pubblico - cambia radicalmente lo scenario dell’inchiesta e sembra aggravare la posizione dei due indagati, che finora però non hanno avuto la possibilità di difendersi sul fronte penale dalle accuse dell’ex dirigente. L’hanno fatto invece attraverso l’avvocato Sandro Piseddu, che tutela il Tecnocasic sul versante civile della controversia davanti al giudice del lavoro, dove l’avvocato Gianni Benevole ha rivendicato fra l’altro la natura estorsiva del licenziamento di Scotto, chiedendo al magistrato il reintegro sul posto di lavoro e il risarcimento. I fascicoli penale e civile sono ben distinti, ma è chiaro che gli sviluppi del procedimento avviato dalla Procura generale si rifletteranno sul profilo lavoristico: se il tentativo di concussione venisse provato in un eventuale giudizio penale, l’interruzione forzata del periodo di prova e i dialoghi registrati fra Scotto e i suoi interlocutori gerarchici acquisterebbero un peso diverso.

La vicenda viene raccontata dettagliatamente nella querela depositata l’anno scorso in procura dall’avvocato Rovelli, querela destinata all’archivio per il pm Giangiacomo Pilia ma resuscitata con l’avocazione dalla Procura generale, che interviene molto di rado sulle decisioni della Procura della Repubblica: nel 2019 è accaduto solo due volte. Assunto a settembre del 2018 dopo una selezione pubblica di personale, Scotto lavorava ormai da quasi sei mesi negli impianti di Macchiareddu. Nessuna contestazione professionale o disciplinare, eppure ad aprile del 2019 arrivò la chiamata da parte dell'amministratore per comunicargli che il periodo semestrale di prova non era stato superato e che il rapporto di lavoro doveva concludersi. Ma prima di applicare la clausola legata alla prova, indicata nella lettera di licenziamento, Scotto avrebbe subìto pressioni da parte di Cuccu e del direttore Casula, per i quali la soluzione più indolore del rapporto sarebbe stata una nota di dimissioni. Da qui il ricorso al giudice del lavoro, poi la querela che è passata dall'ufficio del pm Marco Cocco e poi da quello del collega Pilia: è stato quest'ultimo a liquidare la controversia per la sua presunta irrilevanza sul piano penale. Una valutazione tecnica contestata dall'avvocato Rovelli e ora implicitamente anche dalla Procura generale, che ha avviato immediatamente l’inchiesta iscrivendo i due dirigenti.

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