La Nuova Sardegna

Fondi europei per l’isola. Legambiente: 11 priorità

L'ex arsenale della Maddalena
L'ex arsenale della Maddalena

Per gli ecologisti gli interventi necessari sono elettrodotto, bonifiche e ferrovie Manca, Pd: la Sardegna si deve trovare pronta quando arriveranno le risorse

17 gennaio 2020
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SASSARI. Ancora non si sa con certezza quanti fondi l’Europa destinerà alla Sardegna per i progetti legati alle bonifiche dei siti inquinati, si ipotizzano 4 miliardi da spartire tra l’isola, la Puglia, la Lombardia e il Piemonte. Con il polo petrolchimico di Porto Torres e i siti minerari dismessi del Sulcis in cima alla lista delle priorità. Ma nel frattempo Legambiente ha stilato un elenco opere pubbliche che hanno la necessità di essere sbloccate per risanare i territori inquinati, aumentare la qualità della vita, recuperare ritardi nelle infrastrutture, produrre un salto di qualità nella prospettiva della transizione energetica e della modernità. Una lista di 170 opere nazionali in cui la Sardegna è nominata 11 volte. Perché 11 sono per Legambiente le priorità per l’isola. L’associazione ambientalista parte dall’energia. Contraria alla Dorsale del metano, per Legambiente diventa cruciale realizzare il nuovo elettrodotto Sardegna-Sicilia-Continente. «Entro il 2025, insieme alla necessità di accelerare la crescita delle energie rinnovabili – si legge nella nota della associazione –. La Sardegna dovrà chiudere la centrale Sulcis di Portoscuso e quella di Fiume Santo a Porto Torres. È necessario quindi, per mettere in sicurezza il sistema energetico ed economico dell’isola, accelerare il progetto, già inserito nel piano di sviluppo 2018 di Terna, di una nuova interconnessione elettrica tra le due isole e la penisola». Nella lista ci sono poi le bonifiche: si va dai suoli e dalle falde di Portoscuso all’area del Petrolchimico di Porto Torres, ai fondali della Maddalena più la riqualificazione dell’ex Arsenale. «Le aree Sin sono territori che se bonificati eliminerebbero molti fattori di rischio per la salute umana oltre che rendere disponibili i suoli per altre attività antropiche. Sarebbe conveniente anche da un punto di vista economico. Nonostante ciò, a distanza di vent’anni, si naviga a vista e si intervenire a spizzichi e bocconi».

Legambiente chiede poi lo sblocco delle opere per la messa in sicurezza dal rischio idrogeologico. «Le tragedie che l’isola ha vissuto nel 2008 a Capoterra e nel 2013 a Olbia impongono di cambiare col passato, segnato dalla urbanizzazione invasiva del sistema idrografico e una nuova strategia improntata alla tutela e il ripristino delle aree di esondazione e dei corsi d’acqua». Per migliorare la vivibilità, secondo l’associazione, è urgente recuperare i gravi ritardi nelle infrastrutture ferroviarie e di trasporto pubblico. Così pure la riqualificazione della rete ferroviaria a scartamento ridotto Arst. Questi interventi vanno di pari passo col miglioramento della rete metropolitana leggera per l’area vasta di Cagliari e il completamento della linea tranviaria di Sassari che vede l’iter autorizzativo sull’ampliamento sospeso in attesa delle decisioni del Comune di Sassari sulla proposta di modifica del tracciato. «Gli interventi che mettiamo in evidenza sono coerenti con la lotta ai cambiamenti climatici – dice Annalisa Colombu, presidente regionale di Legambiente – farebbero aumentare la qualità della vita, recuperare ritardi nelle infrastrutture, produrre un salto di qualità nella modernità».

Sul Green new deal da mille miliardi in 10 anni voluto dalla commissione europea guidata da Ursula von der Leyen interviene anche il deputato del Pd, Gavino Manca. «La Sardegna si faccia trovare pronta a ricevere i fondi del Green New deal – dice – occorre una forte concertazione tra i livelli locali, la Regione e lo Stato affinché i territori coinvolti, soprattutto il Petrolchimico di Porto Torres e i siti minerari del Sulcis, rientrino in questo piano decennale da mille miliardi. Per accedere ai finanziamenti, gli Stati membri dovranno proporre dei piani di transizione territoriale coerenti con i Piani nazionali per l’energia e il clima per il 2030. Si tratta di nuovi investimenti verdi per aiutare le regioni più povere della Ue a muoversi verso un’economia a emissioni zero, attraverso una progressiva riduzione del consumo di combustibili fossili e il passaggio a tecnologie meno inquinanti in tutti i settori. E se è vero che la Sardegna, nelle priorità, viene subito dopo la Puglia – conclude – avendo il maggior numero di addetti in attività legate al carbone è altrettanto vero che verrà finanziata l’uscita dalla dipendenza dai combustibili fossili nelle regioni europee che più ne dipendono, ma questo tipo di sostegno dovrà essere richiesto da Stato, Regione o amministratore locale interessati». (al.pi.)

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