La Nuova Sardegna

Una spinta, cade e muore: 19enne finisce in cella

di Simonetta Selloni
Una spinta, cade e muore: 19enne finisce in cella

Durante una lite il fabbro ha sbattuto la testa sul marciapiede: soccorsi vani

18 gennaio 2020
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INVIATA A BARI SARDO. La vita svolta all’improvviso in un baratro, una manciata di minuti dopo la mezzanotte. Imbocca una strada senza uscita per Massimo Piroddi, 44 anni, di Bari Sardo, professione fabbro: finisce sul marciapiedi della via principale del paese della Torre, il Corso Vittorio Emanuele. Nella notte del fuoco di Sant’Antonio, Massimo Piroddi è morto, presumibilmente per aver violentemente sbattuto la testa sul marciapiede al termine di una lite per un nulla con un suo compaesano, che sarebbe potuto essere suo figlio. Daniel Loi, 19 anni, gli avrebbe dato una spinta fuori dal bar birreria “Al panino”: davanti a una folla, composta per lo più da ragazzi che si attardavano dopo la festa attorno al fuoco allestito solo poche centinaia di metri più su, verso l’ingresso del paese arrivando da Lanusei. Il corpo di Massimo sull’asfalto in mezzo al sangue; qualcuno ha chiamato il 118, poi il tentativo di rianimazione e la constatazione che non c’era più nulla da fare. Forse poche volte come in questo caso, l’autopsia che sarà eseguita questa mattina a Lanusei, sarà determinante per capire le cause: a provocare la morte di Piroddi è stata la caduta conseguente alla spinta, o il cuore lo ha tradito mentre cadeva? Non è che i presenti sembrino di grande aiuto: ai carabinieri di Lanuseie del Nucleo investigativo del comando provinciale di Nuoro, che hanno rintracciato Daniel Loi a casa sua in pochissimo tempo, sono arrivate ricostruzioni lacunose, un po’ come il fumo che resta dai tronchi bruciati in onore del santo del fuoco. Sul litigio tutti d’accordo, come sul fatto che ci si sia messo di mezzo l’alcol, troppo. La contestazione per Daniel Loi è di omicidio preterintenzionale: il risultato andato oltre le intenzioni dell’autore, la conseguenza non voluta di una spinta, appunto. Così l’ha configurata Andrea Schirra, il sostituto procuratore della Repubblica di Lanusei titolare dell’inchiesta. Loi è in carcere, ai carabinieri avrebbe detto di non aver avuto intenzione di fare del male, al di là del litigio. L’interrogatorio è stato già fissato per lunedì.

Ieri mattina il paese era come sospeso in un’atmosfera irreale. Temperatura primaverile, si faceva fatica a catalogare Massimo Piroddi come un ricordo. «Un bravo operaio, ha fatto prima il falegname, da un mese era stato assunto da un fabbro», nel laboratorio di Geremia Etzi. La barista del locale “La Dolce vita”, venti metri più giù dal bar davanti al quale è successo l’irreparabile accetta di parlare ma a patto che il suo nome non si scriva. Uno dei ragazzi che l’altra notte era a pochi metri dal punto in cui c’è stato il diverbio risponde, ma con la consegna dell’anonimato. «Ho visto le persone correre, quando sono arrivato Massimo era a terra, sanguinava da un occhio».

Massimo viveva con la madre, in via Tortolì. Era separato, aveva un figlio. Era impegnato nell’associazione di volontariato di Protezione civile Ekoclub da più di un anno.

Con Daniel Loi, pochissimo in comune, vista la differenza d’età. Daniel, che con un acronimo inglese si definisce “Neet”: Not (engaged) in education, employment or training. Vale a dire, non studia, non lavora. «Fino a qualche anno fa faceva ciclismo, si allenava, era bravo. Poi è successo qualcosa, con i ragazzi sa, è un attimo... è stato sfortunato», dice ancora la barista. Li ha messi insieme la sfortuna, i destini di Massimo e Daniel, confusi nel fumo di Sant’Antonio.

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