La Nuova Sardegna

Corsie aperte a cani e gatti la petizione vola sul web

di Antonello Palmas
Corsie aperte a cani e gatti la petizione vola sul web

L’avvocato Cappai: «Incontrarli fa bene alla salute e all’umore dei ricoverati»

22 gennaio 2020
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SASSARI. Sono componenti della famiglia a tutti gli effetti. Così sono considerati cani e gatti, per restare nel classico, dalla stragrande maggioranza dei possessori di animali. Con loro gli amici umani hanno creato un rapporto fortissimo e non immaginano di poterlo interrompere, così fanno di tutto per portarli con sé, in vacanza, nello shopping, al mare, scegliendo i luoghi che permettono ai quattro zampe di partecipare alla vita familiare anche fuori casa. Ma se hanno la sventura di essere ricoverati in ospedale per lungo tempo, questo filo si deve necessariamente interrompere: nei nosocomi sardi è vietato far entrare i pet.

Da qui l’idea di un avvocato, Salvatore Cappai: una petizione sulla piattaforma online Change.org per chiedere che sia possibile anche nell’isola ciò che in altre regioni è già permesso da tempo, consentire che gli amici possano incontrarsi in corsia. Perché non c’è videochiamata o messaggio vocale che possa sostituire il piacere e il beneficio reciproco di una carezza. Già noto nell’ambiente degli amanti dei quattrozampe per il libro “Noi possiamo entrare!” sul problema dei diritto degli animali a non essere lasciati fuori dai luoghi frequentati dai proprietari, Cappai ha scelto il Consiglio regionale come destinatario della proposta, che in pochi giorni ha superato il migliaio di firme, senza nemmeno un battage.

«Qualche mese fa – spiega il legale amico degli animali, di Bonarcado ma con lo studio a Sassari – è stata depositata in Consiglio una mozione (la numero 61/2019), primo firmatario Canu che chiede che un passo in tal senso e ho deciso, attraverso questa petizione, di avviare una campagna di sensibilizzazione che solleciti l’assemblea regionale a votare questa proposta o una analoga. Una volta ottenuto un buon numero di firme ho l’obiettivo di incontrare il presidente del Consiglio regionale per chiedergli di calendarizzare la mozione».

La sanità sarda è pronta a un passo del genere? A volte non è facile nemmeno per figli e consorti incontrare i propri cari costretti a letto in ospedale: «Chiaro che ci sarebbero dei reparti off limits perché particolarmente a rischio – risponde Cappai – ma non c’è bisogno di grande organizzazione, certo occorrerebbe che gli animali ammessi debbano essere stati sottoposti a controlli veterinari regolari e a vaccinazioni». Nella petizione Cappai spiega che «i dati scientifici raccolti anche in Italia negli ultimi decenni dimostrano gli effetti positivi prodotti sulla salute dal rapporto tra persone ed animali domestici. Si è parlato di una relazione in grado di stimolare l’interesse verso gli altri e di creare un’empatia che spinge anche pazienti socialmente isolati e depressi a reagire e a sentirsi utili» E ancora, che «gli animali, grazie alla loro naturale capacità di dare e ricevere affetto, calmano l’ansia, trasmettono calore, aiutano a superare lo stress e la depressione. È stato persino dimostrato che accarezzare un animale riduce la pressione arteriosa e contribuisce a regolare la frequenza cardiaca. Il contatto con gli animali aiuta poi a sostituire affetti mancanti o carenti ed è particolarmente adatto a favorire i rapporti interpersonali, offrendo spunti di conversazione, di gioia e di gioco». Insomma, «se gli animali sono dei medici così formidabili, non sarebbe opportuno consentirgli di esercitare questa loro innata professionalità anche negli ospedali?” questa la conclusione cui giunge l’avvocato.

Addirittura, per Cappai un’apertura a Fido e Fufi, magari anche in aree dell’ospedale dedicate, come accade in qualche realtà per limitare le problematiche, «potrebbe portare a un risparmio nella spesa sanitaria pubblica, se è vero (come è stato dimostrato) che questo contatto migliora lo stato di salute e consente di abbreviare il ricovero. Ricordo il caso di un ricoverato cui in punto di morte venne consentito, facendo uno strappo alla regola, di vedere il suo cane per l’ultima volta come da suo desiderio. Morì dopo due giorni, ma col sorriso. Ma so anche di malati terminali che non sono stati accontentati e di parenti che, pur di farli felici si sono industriati per infrangere il divieto, magari creando a quel punto delle reali situazioni di pericolo».

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