La Nuova Sardegna

Appalti trappola, strade ko E le imprese “affondano”

di Claudio Zoccheddu
Appalti trappola, strade ko E le imprese “affondano”

La denuncia dell’Ance: «Nessuno rispetta il prezzario delle opere pubbliche»

25 gennaio 2020
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SASSARI. Un prezzario atteso 18 anni che non viene rispettato, operai edili inquadrati come metalmeccanici o come braccianti agricoli, materiali scadenti utilizzati per rientrare nei costi e l’imminente estinzione delle imprese specializzate.

Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili, ha aperto il vaso di Pandora della viabilità isolana. Dentro non c’erano tutti i mali del mondo, come racconta la mitologia greca, ma una grande quantità di problemi che vivono all’ombra delle strade della Sardegna e che impediscono all’isola di mettere insieme una rete viaria perlomeno decente. La ciliegina sull’asfalto, poi, è una prospettiva che parte dal crollo degli investimenti infrastrutturali su scala nazionale (-60 per cento) e un conto alla rovescia verso l’estinzione delle imprese, che adesso segna 35mila operai edili in meno persi negli ultimi anni, per un conto totale che sfiore la 100mila unità aprendo il discorso all’indotto. Un quadro desolante dipinto all’ombra del padre di tutti i paradossi: questa volta non è una questione di soldi. Anzi, i denari ci sono ma non vengono spesi perché ingessati da una burocrazia impenetrabile. E le strade restano in condizioni pietose.

Il prezzario. Il prologo parte dagli appalti: «Anas li propone a prezzi assurdi – spiega Pierpaolo Tilocca, presidente di Ance Sardegna – , fuori mercato e con criteri di aggiudicazione folli. Il prezzo a base d’asta copre due terzi dei costi di realizzazione ma siccome c’è grande fame di lavoro, qualcuno si butta lo stesso. In un momento normale non parteciperebbe nessuno ma purtroppo gli impresari devono pagare contributi, mutui, tasse e sono costretti a provarci. C’è una fame bulimica di lavoro ma queste situazioni gravano sul mercato e sono inconcepibili». E dire che appena due anni fa sembrava che l’alba del nuovo giorno fosse vicina: «La Regione, con un grande sforzo e dopo 18 anni di attesa, era riuscita ad aggiornare il prezzario delle opere pubbliche – aggiunge Tilocca –. Si tratta di 6mila voci che rendevano congrue le lavorazioni in Sardegna, perché è impossibile pensare che un cantiere a Fonni possa costare quanto un cantiere identico a Fiumicino». Messo a fuoco il tema, lo svolgimento ha lasciato l’Ance di sasso: «Perché non è cambiato nulla. Le società appaltanti osteggiano il prezzario e continuano a proporre i soliti pagamenti fuori mercato. Non si potrebbe fare – continua il presidente di Ance – ma per bloccare l’andazzo le imprese dovrebbero fare ricorso al Tar e, quindi, allungare ulteriormente tempi già troppo lunghi. Faccio un esempio il prezzario delle opere pubbliche è stato modificato nel 2018 ma dopo due anni 80 gare su 100 si propongono con i vecchi prezzi». E i 20 che accettano il compromesso, pur di fatturare qualcosa, risparmiano su quello che possono e magari usano bitumi scadenti o altri accorgimenti. «In un mondo perfetto, con il prezzario 2020 i lavori dovrebbero esser appaltati poco tempo dopo, invece si trascinano nel tempo fino a durate interminabili. Ance – segnala Pierpaolo Tilocca – ha da subito segnalato il comportamento di Anas che continua proporre lavori con i vecchi prezzi credendo di trovare più pretendenti ma ottiene il contrario, perché nessuno partecipa più agli appalti».

I panda dell’asfalto. Il prossimo passo è l’estinzione delle imprese edili, schiacciate da prezzi insostenibili e da una burocrazia lente e complicata. Ma il futuro è già arrivato: «Ormai lo tocchiamo con mano da tempo perché capita che gli appalti per la realizzazione di infrastrutture pubbliche vengono affidati ad aziende che non hanno nulla a che vedere con l’edilizia, come è accaduto per il progetto Oper fiber. Magari sono metalmeccaniche, o agricole, che poi cedono in subappalto a imprese costrette ad inquadrare gli operai come metalmeccanici o braccianti agricoli. Lo fanno per risparmiare – conclude Tilocca – perché un operaio edile costa all’azienda circa 4mila euro al mese».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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