La Nuova Sardegna

Pecorino, appello delle coop alle banche

Pecorino, appello delle coop alle banche

L’analisi di Porcu, Cao: «Sostegno ai trasformatori per smontare le speculazioni»

31 gennaio 2020
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ORISTANO. «È la fase in cui il formaggio passa di mano dai trasformatori sardi ai grossisti quella all’origine di tutti i mali del comparto, quella in cui si verifica il crollo delle quotazioni del pecorino romano». Costantino Porcu, insieme alla figlia Maria Giovanna, ha elaborato una proposta per risollevare la filiera del pecorino la cui debolezza è alla base della crisi del prezzo del latte. Revisore dei conti della cooperativa Cao Formaggi di Oristano e di quella di Nurri (1500 soci, un decimo di quelli dell’isola), ex bancario e insegnante, ha per questo una visione globale del problema ed espone idee condivise dalle realtà associate per cui opera.

Il rischio – spiega – non è nel passaggio dalle 12.550 aziende agropastorali ai 35 trasformatori, tra coop (60%) e industria privata. Quest’ultima deve adeguarsi alle prime quando paga il latte, pena la migrazione dei loro pastori fornitori. I 35 trasformatori vendono il formaggio da essi prodotto a circa 25 grossisti, i quali vendono a 50/60.000 dettaglianti, che smerciano il prodotto a circa 5 milioni di consumatori nel mondo. «È nel passaggio trasformatori-grossisti che si verifica il crollo – dice Costantino Porcu – E ciò accade ogni volta che si profila un sensibile aumento della produzione del formaggio, la cui spia è l’aumento della produzione del latte. Meccanismo automatico, per cui i grossisti bloccano subito gli acquisti sapendo di poter acquistare domani a meno della metà del prezzo attuale».

«È la cosiddetta “profezia che si autoavvera” formulata dal sociologo Usa Robert King Merton, secondo cui un avvenimento si verifica per il solo motivo di essere stato previsto – spiega Maria Giovanna – In questo caso l’avvenimento previsto è il crollo dei prezzi. Ma occorre una concausa: nel nostro caso consiste nel fabbisogno continuo di liquidità dei trasformatori, per cui devono vendere anche quando il prezzo scende. E quindi al blocco degli acquisti da parte dei grossisti non possono contrapporre il blocco delle vendite». Il rimedio a questo stato di cose è semplice: «Le banche dovrebbero cambiare radicalmente la politica creditizia – dice Costantino Porcu – sostenendo i trasformatori proprio in questo delicato passaggio, di modo che siano in grado di non vendere se non al prezzo esistente nella fase precedente alla previsione del crollo del prezzo. I grossisti, preso atto che la situazione è cambiata, riprenderebbero gli acquisti, rinunciando ai colossali guadagni che realizzano quando i prezzi crollano».

Alle banche conviene? «Rischierebbero molto meno e guadagnerebbero di più, dal momento che la loro garanzia è costituita principalmente dal formaggio. E tanto più alto è il suo prezzo, tanto più solida è la loro garanzia, il tutto con guadagni molto più alti, conseguenti ai maggiori prestiti che accorderebbero. Stato e Regione avrebbero il compito di persuadere le banche a cambiare politica creditizia prestando loro adeguate garanzie. E senza subire perdite». E attenzione: il sostegno del maggior credito sarebbe necessario solo nel primo anno, il tempo necessario per far capire ai grossisti che il prezzo del formaggio non è più in balia delle loro previsioni». (a.palmas)

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