La Nuova Sardegna

Vicesindaco nel mirino a Burgos ritorna la paura

di Gianni Bazzoni
Vicesindaco nel mirino a Burgos ritorna la paura

Data alle fiamme l’auto di Nieddu: «Il paese non lo merita, resto al mio posto»

02 febbraio 2020
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BURGOS. Prima il silenzio, l’attesa per valutare a freddo l’accaduto. Poi poche parole: «Sono innamorato perso del mio paese, che non merita questo. Ho sempre tentato di valorizzare il luogo dove vivo, ho dato tutto me stesso sottraendo tempo alla mia famiglia. E una cosa è certa: continuerò a farlo, perché Burgos merita di essere valorizzata per ben altro».

C’è un misto di delusione e amarezza nelle parole di Tonino Nieddu, vice sindaco di Burgos. Venerdì notte qualcuno ha preso di mira la sua auto parcheggiata sotto casa, ha versato liquido infiammabile dalla parte della ruota anteriore sinistra della Mercedes e ha appiccato il fuoco. Poi la fuga, coperta dal buio. Le fiamme si sono sviluppate rapidamente e hanno cominciato a lambire anche l’auto della moglie di Tonino Nieddu. È stato lui stesso a rendersi conto di quello che stava accadendo (qualche minuto dopo la mezzanotte) e a correre per strada per cominciare a spegnere l’incendio prima che le conseguenze potessero essere ancora più gravi. È scattato l’allarme e sul posto sono arrivati i vigili del fuoco, i carabinieri della compagnia di Bono che hanno effettuato i primi rilievi e raccolto qualche testimonianza. Situazione difficile, come spesso capita da queste parti. Nessuno ha visto o sentito niente, in quel tratto non ci sono telecamere ma non è escluso che le indicazioni possano arrivare da impianti attivi in altre zone del paese.

Quello messo a segno nei confronti di Tonino Nieddu è il primo attentato del 2020 nei confronti di un amministratore locale e a Burgos in tanti sono andati subito indietro con il ricordo al dicembre del 2018, quando nel mirino degli attentatori finì il sindaco Salvatore Arras. Un regalo nella notte di Natale, la scena simile a quella che ora si è ripetuta per il suo vice: il primo cittadino aveva notato la sua auto in fiamme e con l’aiuto di alcuni parenti si era prodigato per spegnerle prima che la situazione potesse degenerare. Arras aveva immediatamente denunciato il grave fatto ai carabinieri della compagnia di Bono. Poi, al ritorno a casa, aveva scoperto le scritte con minacce di morte sul muro della sua abitazione.

«Vado avanti, non ho la minima intenzione di dimettermi e di darla vinta a chi agisce nella illegalità – aveva detto Salvatore Arras – ; lo devo ai miei compaesani che mi hanno affidato le responsabilità di amministrare il paese, non posso tradire la loro fiducia».

Due episodi con troppe similitudini, forse anche collegati tra loro, anche se gli investigatori della compagnia di Bono al momento non si sbilanciano e preferiscono lavorare con il massimo impegno per cercare di arrivare agli autori dell’ultimo attentato che, forse, può fornire spunti anche per dare soluzione agli altri episodi rimasti senza colpevoli.

Nella storia di Burgos c’è una cappa che pesa da tanti anni, dal lontano 2004 quando in uno degli attentati (che allora andavano in sequenza) venne ucciso Bonifacio Tilocca, padre dell’allora sindaco Pino. Un ordigno venne fatto esplodere davanti al portone della casa. Sembrava che le indagini potessero avere una evoluzione rapida e che si potesse arrivare agli assassini. Invece di quell’omicidio di stampo mafioso non sono mai stati trovati i responsabili.

«È stato un delitto frutto di odio e di prepotenza che ci crea ancora lo stesso dolore e che non ha avuto colpevoli riconosciuti e condannati», aveva commentato di recente Pino Tilocca, oggi tra gli aderenti di Libera, l’associazione contro le mafie di don Luigi Ciotti.

Burgos negli anni ha provato a rialzare la testa, con fatica e tanta forza, ha avviato un percorso di rinascita, ha combattuto una battaglia civile per cambiare. Ma è una strada difficile.

Anche allora come oggi arrivarono tante attestazioni di solidarietà, promesse per migliorare i livelli di sicurezza, l’invio di uomini per adeguare gli organici delle forze dell’ordine. Ma passata la dinamicità del momento, poi niente o quasi è cambiato.

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