La Nuova Sardegna

Pediatri in fuga dai paesi, i sindaci sardi chiedono aiuto

di Claudio Zoccheddu
Pediatri in fuga dai paesi, i sindaci sardi chiedono aiuto

Fonni senza specialista per tre anni, da Desulo trasferte obbligatorie a Nuoro. Le assegnazioni a termine non risolvono il problema e l’accentramento fa paura

01 marzo 2020
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SASSARI. Sono racconti di frontiera, storie di ordinarie battaglie per ottenere quelli che vengono dipinti come diritti fondamentali ma che, invece, sembrano più premi da conquistare alla lotteria della sanità. Non si può spiegare altrimenti l’assenza dei pediatri di libera scelta da diversi paesi della Sardegna, con casi limite di assenze ingiustificate che sfiorano i tre anni. E mentre i cittadini vedevano scomparire anche i medici dei bambini, la lotta allo spopolamento diventava un problema istituzionale e uno dei temi più dibattuti nei convegni organizzati dal fronte del no. Le parole, però, non hanno risolto le incertezze e ancora oggi l’incognita dell’assistenza pediatrica minaccia tanti paesi. L’idea di una riforma che accorpi gli ambulatori agli ospedali, poi, viene rispedita al mittente dai sindaci.

Le terre di frontiera. A Desulo, e nei paesi vicini, il pediatra è un miraggio da due mesi: «Siamo pochi – spiega il sindaco Gigi Littarru – e ora ci vogliono condannare togliendo anche i servizi dedicati ai bambini. È una situazione imbarazzante. Direi che è arrivata l’ora di dire basta ai convegni e agli studi sullo spopolamento, che non risolvono nulla, adesso servono azioni concrete. Serve il lavoro, servono le infrastrutture e abbiamo bisogno dei servizi. Sono compiti che spettano alla politica regionale, che deve fare di più anche mettendo mano alla Finanziaria». L’idea di creare una rete di ambulatori nei pressi degli ospedali, poi, non viene nemmeno presa in considerazione: «Non scherziamo – commenta Littarru –, i nostri compaesani sono già costretti a fare un’ora di viaggio per raggiungere l’ospedale più vicino, quando il meteo lo permette, poi devono fare la file al pronto soccorso e nei reparti per far visitare i bambini. Sarebbe davvero assurdo se il nuovo modello assistenziale fosse questo». Più o meno lo stesso discorso si potrebbe fare a Fonni dove però, dopo tre anni di “sede vacante” da due mesi, è arrivata una giova pediatra in sostituzione: «Purtroppo è solo una soluzione temporanea – spiega la sindaca Daniela Falconi – e rischiamo che non venga confermata perché mentre si cercava una sostituta molti hanno iscritto i bimbi nei paesi in cui c’erano specialisti disponibili. Quindi adesso il numero complessivo dei piccoli pazienti non raggiunge quello richiesto dalle Asl». Trovare uno specialista, poi, non è facile: «Vengono pagati il 30 per cento in meno rispetto ai titolari, poi ci sono le spese per l’affitto dell’ambulatorio e quelle per la casa. Così è difficile che qualcuno possa essere invogliato. Noi abbiamo un ambulatorio comunale a disposizione, ma è comunque difficile. L’Ats ci ha dato tante rassicurazioni, speriamo risolvano in qualche maniera ma adesso siamo ancora in emergenza». L’accentramento verso i complessi, poi, non piane nemmeno alla sindaca di Fonni: «Per nulla pratico. Non solo, secondo me sarebbe più economico gestire un poliambulatorio diffuso, ma in raggio di chilometri non eccessivo».

Crisi anche sulle coste. L’assenza dei pediatri non è una prerogativa dei paesi dell’interno. Bosa è stata sguarnita per sette mesi: «Situazione paradossale – attacca il sindaco Piero Casula – I cittadini erano costretti a pagare 75 euro ogni visita del pediatra privato, oppure ad andare a Cuglieri. Da un mese abbiamo un sostituto a tempo determinato ma il problema non è stato risolto». A Bosa, poi, c’è anche un ospedale: «Dove capita che si alternino solo due medici per trenta posti letto. Mancano anche i fisiatri e i logopedisti, giusto per fare un esempio. Serve un ragionamento serio che parta dalla soluzione dell’emergenza e che preveda la programmazione dei concorsi e l’accelerazione del processo di riforma».

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