La Nuova Sardegna

Senza test anti-Covid un operaio sardo rischia di perdere il lavoro

Senza test anti-Covid un operaio sardo rischia di perdere il lavoro

E' atteso da 15 giorni in Slovacchia: «Posso partire solo se dimostro che sono negativo»

07 maggio 2020
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SASSARI. Da due settimane lo aspettano in Slovacchia, in un cantiere dove la ditta per cui lavora, una grossa impresa laziale, sta installando macchinari per la produzione di carta. Ma lui, operaio specializzato di 51 anni, abituato per lavoro a girare il mondo, questa volta non sa proprio come partire. Per lavorare in Slovacchia infatti è richiesto un tampone che attesti la negatività al Covid-19, ma purtroppo in Sardegna, e si presume nel resto d’Italia, non c’è modo di farlo. Si presume perché in realtà risposte certe Giacomo Sanna non ne ha avute, se non dalle autorità slovacche, che non transigono sul test anti-Covid. «Per il resto – racconta – ho chiamato proprio tutti. E devo dire che tutti sono stati molto disponibili e partecipi. Peccato che nessuno sappia cosa fare».

Il problema è che i tamponi sono riservati a persone selezionate dall’autorità sanitaria che, di volta in volta, segue particolari criteri. Nel Sassarese ad esempio sono stati fatti tutti gli ospiti e operatori delle Rsa e case di riposo, e al personale Ats e Aou. Sono fatti ai sospetti malati, e, ma non sempre, ai loro contatti. «Però – spiega Sanna – non è previsto che siano fatti per motivi di lavoro. Esattamente quello che servirebbe a me. Anche se mi chiedo, quando si parla della ripresa delle attività per gli sportivi professionisti, a chi si rivolgano loro per fare il test». Verrebbe da pensare a strutture private, che l’operaio però non saprebbe nemmeno dove iniziare a cercare.

«Non penso che a Sassari ce ne siano – spiega –. A un certo punto mi avevano parlato di fare il tampone a Cagliari, ma poi è saltato tutto. Il fatto è che i tamponi non possono essere richiesti dai privati cittadini. Quello che si può fare è rivolgersi ad un laboratorio di analisi per un test sierologico. Che, mi dicono, costa da un minimo di 50 fino addirittura a 600 euro, e che comunque non verrebbe accettato dai miei datori di lavoro». Difficile insomma trovare una soluzione. «Anche se i responsabili delle strutture a cui mi sono rivolto – sottolinea Sanna – hanno detto che in realtà basterebbe un nulla osta. Due righe che autorizzano a farmi il tampone. E tutti si sbloccherebbe. Il problema è che a parole tutti capiscono, ma nei fatti nessuno ci ha ancora pensato. Eppure sento tanto parlare di tamponi che i turisti si dovrebbero fare prima di sbarcare nell’Isola. Ma io mi chiedo: fare dove? Penso che, come me, siano tante le persone che avranno necessità di muoversi, e tanti i paesi (a iniziare dal nostro) che chiederanno garanzie per farci entrare. Ci dicano quindi cosa dobbiamo fare». (g.bua)

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