La Nuova Sardegna

Freddato mentre rientrava dal lavoro

Freddato mentre rientrava dal lavoro

Il precedente in paese, l’estate scorsa era morto il 48enne Roberto Vinci

11 maggio 2020
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SASSARI. Ucciso con due fucilate a pallettoni mentre rientrava in paese dopo il lavoro in campagna. Roberto Vinci era stato assassinato il 19 agosto dell’anno scorso, nella campagne di Genoni, da un uomo che indossava un passamontagna. L’identità ignota del killer mascherato, però, durò poco tempo. Forse l’assassino commise un errore, forse la familiarità con la vittima era più stretta di quanto si potesse pensare perché fu lo stesso Vinci, in punto di morte, a fare nome e cognome del killer. L’uomo riuscì a trascinarsi per alcune centinaia di metri dal punto dell’agguato, nonostante le ferite, e a raggiungere la strada dove venne soccorso da due anziani. A loro non disse niente, e non si confidò nemmeno con i soccorritori del 118 o con i carabinieri di pattuglia che erano arrivati per primi. Per fare il nome di Francesco Fenu, il 23enne accusato del delitto e arrestato il 29 gennaio, ha aspettato che arrivassero altri due carabinieri, che conosceva e di cui si fidava. Furono tra le ultime parole pronunciate dal 48enne, che morì poco dopo. Le indagini hanno poi confermato l’accusa di Roberto Vinci. Lo stub, l’esame che consente di evidenziare tracce di polvere da sparo, aveva dato esiti positivi. Sugli abiti e sull’auto di Fenu - fermato per accertamenti poche ore dopo l’agguato - erano state trovate tracce di piombo, bario e antimonio. L’unico dubbio era legato al tipo di omicidio: Fenu poteva aver agito di sua iniziativa o su commissione. Il passato della vittima infatti, poteva far pensare a regolamento di conti. Roberto Vinci era stato uno dei due protagonisti della tragica rapina al distributore di carburante di Ales del gennaio del 2002, quando rimase ucciso il benzinaio Antonio Tuveri. Insieme all’ Giuseppe Serra aveva tentato l’assalto alla stazione di servizio Q8, ma la sorte aveva voluto che i due sbagliassero il momento. Il colpo non riuscì perché il figlio del benzinaio si trovò a passare di lì casualmente proprio durante la rapina. Notò qualcosa di strano e allertò i carabinieri. I due rapinatori intuirono tutto e costrinsero il benzinaio a salire in auto con loro e, quando fu ingaggiato un conflitto a fuoco, un proiettile sparato da un militare bucò la carrozzeria dell’auto andando a colpire proprio Antonio Tuveri. Vinci e Serra fuggirono e iniziò una caccia all’uomo che durò due giorni, sino al momento in cui i cani fiutarono la traccia giusta e costrinsero Roberto Vinci alla resa. Fu condannato a vent’anni.

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