La Nuova Sardegna

Miele, non solo Covid: è crollata la produzione

di Michela Cuccu
Miele, non solo Covid: è crollata la produzione

Isola in linea con i dati nazionali: meno 80% a causa del clima. Decisiva la siccità di inizio anno

20 maggio 2020
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ORISTANO. Crolla dell'80% la produzione del miele in Sardegna, esattamente come in tutto il resto d’Italia. Non bastava la crisi dei mercati per il Covid-19: il clima anomalo, caratterizzato da una grave siccità che ha compromesso le fioriture e stressato le api, è causa principale di un autentico disastro per uno dei prodotti del made in Italy più prezioso e ricercato. I dati sono quelli del monitoraggio svolto dalla Coldiretti in occasione della giornata mondiale delle api, che si celebra oggi. Ma niente feste, evidentemente, per gli apicoltori che ormai da anni devono far fronte a grosse difficoltà.

Giovanni Murru, presidente della Coldiretti di Oristano, parla di vero e proprio allarme ambientale. Dice: «Un inverno caldo e siccitoso e le gelate primaverili hanno creato serie difficoltà agli alveari. Le api hanno scarse possibilità di raccogliere il nettare e il poco miele prodotto lo utilizzano come alimento». Murru spiega come la situazione sia comune in tutta la Penisola con aree dove comunque si riscontrano produzioni più elevate rispetto allo scorso anno. Anche nell’isola per le api è un periodo difficile dovuto ai cambiamenti climatici e all'inquinamento. I dati del censimento annuale della Banca dati apistica indicano che in Sardegna operano 1767 apicoltori, 939 in autoconsumo (con meno di 10 alveari) e 828 professionali per un totale di 66.773 alveari.

Orlando Oliva, apicoltore professionale di Marrubiu e segretario dell’associazione Apiaresos, è preoccupato. Spiega come l’annata sia iniziata davvero male: un inverno e una primavera anomali hanno portato a una scarsa secrezione nettarifera e conseguente riduzione dei raccolti primaverili. «L’ennesima mazzata – dice – per gli apicoltori sardi che attendono ancora gli aiuti per la siccità 2017».

La presenza delle api è indicatore dello stato di salute dell’ambiente. La loro opera è fondamentale per la primaria funzione di salvaguardia della biodiversità e nel lavoro degli agricoltori con l’impollinazione delle colture ortofrutticole e sementiere. Si calcola che una singola ape visita circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono 4 milioni di queste visite per produrre un chilo di miele. Secondo la Fao, tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, le angurie ed i meloni.

A rischio c'è anche la produzione del miele. Le previsioni non sono buone: in Italia il raccolto potrebbe essere anche peggiore del 2019 con una produzione nazionale di appena 15 milioni di chili, a fronte di un quantitativo di quasi 25 milioni di chili importati dall’ estero durante l’anno. Secondo elaborazioni Coldiretti (su dati Istat) il 40% del miele importato arriva dall’Ungheria e oltre il 10% dalla Cina. Quasi due barattoli di miele su tre sono stranieri.

In Italia esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: i più diffusi sono di acacia, cardo, eucaliptus e il millefiori, ma ci sono anche quelli di arancia, castagno e corbezzolo (più scuro e amarognolo), di tiglio e di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come lavanda, timo e rosmarino. «Occhio alle etichette», è l‘ invito di Orlando Oliva ai consumatori. «I prodotti dall’estero sono spesso di bassa qualità. E il miele prodotto sul territorio nazionale è “Ogm free”, a differenza ad esempio di quello cinese».

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