La Nuova Sardegna

La Costa Smeralda deserta e tradita dai big del turismo

Serena Lullia
La Costa Smeralda deserta e tradita dai big del turismo

Su 130 hotel appena 42 sono aperti. E sono tutti di piccoli operatori

13 giugno 2020
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PORTO CERVO. Una manciata di turisti passeggia nella via delle Chiacchiere muta. Tra boutique griffate sigillate e vetrine foderate di carta velina. Arriva nella piazzetta vuota, i grandi ombrelloni dei bar chiusi. Selfie con il porto vecchio orfano di maxi yacht. Solitudine liquida che mette in risalto i colori del mare con tutte le sfumature di azzurro. Istantanee della Costa Smeralda a giugno vestita di autunno. Ancora anestetizzata dall’emergenza Covid. Insegne di bar e ristoranti spente. L’hotel Cervo della catena Marriott sbarrato. I giganti dell’accoglienza e dello shopping smeraldo rinviano a luglio le riaperture. I piccoli alberghi hanno preso coraggio e hanno già riaperto. 17 in tutto a Porto Cervo. Mancano all’appello i big. Ed è a loro che il sindaco di Arzachena, Roberto Ragnedda, si rivolge. «Da una ricognizione delle attività aperte o in procinto di riaprire – dice il primo cittadino – stupisce il silenzio sulla ripresa immediata dell’operatività da parte delle attività storiche a Porto Cervo».

Dai dati raccolti dall’ufficio turistico, su 130 strutture ricettive dell’intero territorio hanno risposto positivamente sette attività ad Arzachena centro, otto a Cannigione, dieci a Baja Sardinia, 17 a Porto Cervo. Nell’elenco non ci sono gli hotel simbolo della Costa Smeralda: il Cala di Volpe, il Cervo, il Pitrizza e il Romazzino. «Mi rivolgo ai grandi operatori, richiamo e immagine della Costa Smeralda oltre che risorsa per tutta Arzachena – aggiunge il sindaco –. Li invito a compiere uno sforzo a sostegno della destinazione. Arzachena, dai dati del 2018, è prima per numero di presenze turistiche in Sardegna con 1 milione 207mila. Abbiamo tanti esempi virtuosi di destinazioni e operatori impegnati per superare la crisi e sostenere l’economia locale, sacrificandosi con grande senso di responsabilità. Al contrario, il cuore di Porto Cervo e i suoi luoghi simbolo restano chiusi. A oggi, nella piazzetta non c’è né un bar né un albergo aperto. Alcuni commercianti, invece, hanno già ripreso con coraggio le attività dalla fine del lockdown. In questo particolare momento storico non si può agire solo nel rispetto delle logiche di mercato».

Ragnedda strapazza i colossi dell’accoglienza e li invita ad andare oltre le logiche di mercato. «Serve uno sforzo comune per avviare subito la ripartenza e le assunzioni – aggiunge –. Aprire a luglio, quando le prenotazioni sono certe è una scelta poco solidale nei confronti di tanti piccoli imprenditori. L’invito che rivolgo alle grandi società è mostrare vicinanza ai problemi del territorio e ai colleghi che seppur dotati di minori risorse, garantiscono i servizi già da giugno». Il sindaco chiede poi una stagione lunga fino a ottobre. «Almeno quest’anno i piani aziendali puntino all’allungamento della stagione fino a ottobre – conclude il sindaco –, investendo su prodotti turistici alternativi alla balneazione in collaborazione con enti pubblici e associazioni. Come Comune stiamo facendo la nostra parte contro la crisi scatenata dalla pandemia da Covid-19 con l’azzeramento della Tosap, la concessione gratuita di spazi pubblici più ampi a bar e ristoranti e contributi economici una tantum». (ha collaborato Walkiria Baldinelli)
 

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