La Nuova Sardegna

Il generale su Mesina: «Lo Stato ha le sue colpe»

di Valeria Gianoglio
Il generale su Mesina: «Lo Stato ha le sue colpe»

Favarolo, per 45 anni nei carabinieri: nessuno ha impedito che scappasse

07 luglio 2020
3 MINUTI DI LETTURA





ORGOSOLO. «Non doveva succedere. Non doveva succedere perché lo Stato doveva adottare tutti gli accorgimenti per evitarlo, per fare in modo che non fuggisse. Non credo comunque che sia andato molto lontano, ma in ogni caso non farei alcuna trattativa, lo Stato non tratta e non deve trattare: o si costituisce o ti veniamo a cercare. Punto». Per quasi 45 anni, Salvatore Favarolo, ha indossato la divisa dei carabinieri, ha conosciuto gli anni epici della lotta al banditismo, ha catturato, insieme ai suoi uomini, alcuni dei latitanti più sfuggenti che imperversavano in Sardegna come Giovanni Talanas e Pasquale Stochino. «Dopo tante indagini e appostamenti, ne avevo avvistato gli scarponi che sporgevano da un anfratto in un costone – ricorda, parlando di quest’ultimo – così mi ero calato dall’elicottero e lo avevo acciuffato letteralmente per i piedi». Mentre «quando avevamo catturato Talanas – aggiunge – neanche il suo cane pastore si era accorto che stavamo circondando l’ovile». Latitanti, indagini e catture, dunque: e sempre, dice Salvatore Favarolo, «senza nessuna trattativa, senza spendere nemmeno un euro che non fosse il solo stipendio dei miei uomini e il loro straordinario impegno».

E degli anni nuoresi, da colonnello e comandante provinciale dell’Arma, conserva un ricordo pieno di gratitudine e affetto, perché, sottolinea «sono stati anni pieni di lavoro e soddisfazioni. E devo tutto alla squadra di persone con le quali ho avuto la fortuna di lavorare. Se da maresciallo sono diventato generale, lo devo a loro, ai miei ragazzi che hanno sempre lavorato con tanto impegno e motivazione». Ha conosciuto davvero tanto, dunque, del mondo della criminalità e delle indagini, il generale Favarolo, da qualche anno in pensione e di recente alla prese con il nuovo ruolo di mediatore civile e commerciale, ma con la testa e con il cuore spesso ritorna al suo vecchio lavoro con la divisa che in fondo, almeno nello spirito, non ha mai del tutto abbandonato.

Sarà per questo che qualche giorno fa, quando ha letto la notizia della fuga di Graziano Mesina di Orgosolo dopo la conferma della condanna a 30 anni da parte della Cassazione, tanti pensieri gli sono per un attimo ritornati alla mente. «Non doveva capitare – dice con la sua solita sana schiettezza, e senza nascondere un profondo dispiacere – non doveva succedere perché in quei momenti lo Stato ha sempre il dovere di mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili per evitarlo. Ma in ogni caso non credo che abbia fatto molta strada, secondo me non è andato molto lontano».

Il generale Favarolo, Mesina, lo conosce da tempo e in passato lo ha incontrato in diverse occasioni. Ma sempre, precisa e tiene a sottolinearlo, «con l’educazione che si deve a tutti ma anche con le dovute distanze». «Con lui – spiega – ci siamo conosciuti, o meglio, incontrati quando aveva ottenuto la grazia. Ma nessun salamelecco, io ho sempre fatto il colonnello dei carabinieri e lui per me è sempre stato un cittadino italiano che in quel momento aveva ottenuto la grazia. Le nostre strade si erano incrociate anche ai tempi del sequestro Pinna perché fu controllato. E in un’altra occasione lo avevo incontrato a Galanoli durante una cerimonia e un momento di ritrovo del paese. Ci stringemmo la mano, come si fa per educazione, ma basta, finiva lì». Sulla fuga di Mesina, il generale Favarolo la pensa in modo molto chiaro: «Si è appoggiato ad alcuni amici. Lui ha amici ma non si fida di tutti, e si è appoggiato a quelli fidati. Ma non credo che abbia fatto molta strada. Quello che è certo, comunque, è che per catturare un latitante o una persona irreperibile, ci vuole molta pazienza, tenacia e un lavoro intelligente, riservato e di analisi delle informazioni. E non è vero che ci vogliono i soldi, che servono per trattare con i banditi. Lo Stato non deve cedere, non deve trattare. Quando io e i miei uomini abbiamo catturato i latitanti, lo Stato non ha speso nemmeno un euro che non fosse lo stipendio dei miei carabinieri».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Tribunale

Sassari, morti di covid a Casa Serena: due rinvii a giudizio

di Nadia Cossu
Le nostre iniziative