La Regione contro il Governo: per le dighe sarde solo briciole
Per l’isola 40 milioni dal piano nazionale. Solinas e Frongia: criteri sbagliati
SASSARI. La Sardegna ha bisogno di acqua, disse appena due settimane fa il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Oggetto: il decreto Semplificazioni, che prevede il commissariamento di otto dighe nell’isola per accelerare i lavori di ampliamento negli invasi e in alcuni casi sbloccare iter paralizzati da molti anni. Benissimo, fu il commento della Regione. Che oggi ribadisce: per i lavori servono soldi, finanziamenti veri, e quelli previsti per l’isola sono solo briciole. Proprio perché, ricordando le parole di Conte «la Sardegna ha bisogno di acqua» e patisce da sempre una sete molto più forte rispetto a quella di altre Regioni.
Invece per il piano nazionale degli invasi, che prevede uno stanziamento di 560 milioni, tutte le Regioni sono uguali, al punto che le risorse verranno distribuite prendendo in considerazione medesimi criteri e parametri. Un calcolo in base al quale la Sardegna riceverebbe, euro più euro meno, 40 milioni. Veramente poco, secondo il governatore Christian Solinas e l’assessore ai Lavori pubblici Roberto Frongia, per cercare di soddisfare il fabbisogno idrico di un’isola che dipende per il 74,55% da bacini artificiali con sbarramenti alti fino 112 metri: il dato medio nazionale non raggiunge il 10%. «È necessario che il Governo riveda i criteri, perché altrimenti la Sardegna sarebbe discriminata».
Regione vs Governo. Il no allo schema di ripartizione era già stato messo nero su bianco nel ricorso presentato alcuni mesi fa. Ed è stato ribadito ieri mattina nel corso della videoconferenza sul Piano invasi organizzata dalla struttura dighe del Mit, Ministero infrastrutture e trasporti, a cui hanno partecipato le regioni, l'Arera, Autorità di regolazione per Energia, e tutti i soggetti che operano nel mondo dell'acqua. Quella della Sardegna, rappresentata dall’assessorato ai Lavori pubblici e dall’Adis, Autorità di distretto idrografico, è stata l’unica voce fuori dal coro. Tutte le altre Regioni hanno invece ratificato i criteri individuati per la ripartizione di 560 milioni di euro, che saranno erogati entro il 2029. Il calcolo delle cifre ha soddisfatto tutti tranne la Sardegna, che dal punto di vista del servizio idrico paga uno svantaggio gravissimo, legato alla quasi totale assenza di fonti naturali e alla sua condizione naturale di isola, lontana e disconnessa dalla terraferma.
Solinas e Frongia. «I criteri per gli investimenti nel settore idrico sono discriminanti per la Sardegna – dice il governatore Solinas – perché a nostro avviso non tengono conto delle peculiarità della nostra isola rispetto alle altre regioni e soprattutto a quelle il cui fabbisogno idrico è nettamente inferiore rispetto al nostro. Per questo motivo chiediamo ancora una volta che vengano rivalutati i criteri». Frongia ha ribadito la posizione durante la videoconferenza in un clima generale di serenità che si è fatto all’improvviso decisamente “frizzante”. «Avendo ben chiara la nostra situazione, la domanda crescente del bene acqua e la strategicità delle infrastrutture idriche – ha detto l’assessore ai Lavori pubblici – non possiamo accettare che la Sardegna non abbia accesso alla linea di finanziamento che il Governo si appresta ad approvare in maniera equa rispetto alle altre regioni. Si va verso una programmazione unitaria sia in termini di annualità e sia di settore che riteniamo penalizzante e iniqua» .
Sono tre le ragioni elencate da Frongia: «La Sardegna essendo un'isola non ha interconnessioni con la terraferma, è una Regione a Statuto speciale ed è ultima nella classifica che tiene conto del livello infrastrutturale: tre elementi che lo Stato non può ignorare». Per questo resta la massima condivisione sul piano e sugli obiettivi complessivi da parte del Governo: «La Regione concorda pienamente sulla importanza degli interventi nel settore idrico che, anche alla luce delle ingenti risorse che potranno arrivare dall'Ue, saranno uno degli asset strategici nei prossimi anni». Ma il disaccordo è totale sull’applicazione del piano stesso: le risorse – dice la Sardegna – devono essere distribuite sulla base delle necessità reali. Altrimenti saranno soltanto gocce che non placheranno la grande sete.