La Nuova Sardegna

Vella: «Niente allarmismi ma il pericolo non è finito»

di Roberto Petretto
Vella: «Niente allarmismi ma il pericolo non è finito»

L’epidemiologo non si dice preoccupato per i sei casi in due giorni nell’isola «Fondamentale il tracciamento tempestivo. E le mascherine vanno usate»

27 luglio 2020
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SASSARI. «Situazione allarmante? Guardi, sto per arrivare in Sardegna per le vacanze, insieme ai miei figli. Questo le fa capire quanto sono tranquillo per la situazione in Sardegna»: sei contagi in due giorni nell’isola (di cui almeno tre di “importazione”) non sembrano preoccupare Stefano Vella, medico infettivologo e ricercatore, che nei giorni più duri e tragici dell’epidemia era stato chiamato dalla Regione a far parte del gruppo di esperti che avrebbe dovuto indirizzare le scelte strategiche contro il dilagare del virus.

«Questi ultimi casi non li ho visti, però posso dire che in Sardegna quello che si doveva fare è stato fatto. Se sono stati identificati e isolati significa che il sistema sta funzionando bene».

Ottimismo responsabile: così si potrebbe definire la posizione del professore Vella. «La situazione è migliorata, è innegabile. È normale che, con la riapertura dei traffici, ci sia la possibilità di avere dei nuovi casi. La cosa importante è individuarli e isolarli tempestivamente, monitorando anche le persone che sono venute in contatto con i contagiati. Fondamentale in questo il modulo che chi arriva nell’isola deve compilare, perché ci dice da dove queste persone arrivano e dove vanno. Anche la app Sardegna sicura è fatta molto bene e può essere utile, sarebbe importante che tutti la scaricassero».

Quei sei casi in due giorni, dunque, non devono preoccupare? «L’obiettivo è quello di minimizzare il rischio - dice ancora l’epidemiologo -, perché bisogna essere consapevoli del fatto che il rischio zero non esiste. Molti casi, probabilmente, sono stati rintracciati proprio grazie alle misure di tracciamento».

Tutto bene, quindi?. Niente affatto: «Certo, dobbiamo vivere tranquilli, ma le mascherine vanno usate. Così come bisogna rispettare il distanziamento nei posti affollati. Su questo bisogna essere netti, non c'è niente da fare. Bisogna dirlo con chiarezza, senza spaventare nessuno: l’epidemia non è finita».

Preoccupa soprattutto la situazione mondiale: in Italia i dati sembrano confortanti, ma nel resto del mondo la situazione rimane grave, in alcuni casi gravissima: «Siamo circondati, il virus continuerà a girare. I voli da alcune nazioni sono stati bloccati, ma non si possono fermare tutti i voli o arrivare a un nuovo lockdown che sarebbe mortale. E un nuovo lockdown non lo faremo, se staremo attenti. Il virus c’è. Certo, preccupano i casi di importanzione, ma non possiamo buttare tutto all’aria».

Qualche regione, però, sta introducendo norme più rigide, qualcuno reintroduce la quarantena per chi arriva. Si può pensare a qualcosa del genere in Sardegna? «Mi sembra prematuro. Non possiamo spaventare i turisti che qui devono essere sono benvenuti. Bisogna rinforzare l’uso del modulo, fare in modo che ci sia sempre qualcuno che lo controlla. La sanità deve essere pronta a intervenire. In particolare la sanità territoriale, con le Usca che devono essere le prime a andare a spegnere il focolaio».

Stefano Vella conclude con una nota di ottimismo: «In Sardegna ho visto una grande obbedienza civile. Sono stato a Pula: erano tutti distanziati, se andavano al chiosco mettevano la mascherina e tutti gli operatori avevano la protezione. In Sardegna mi sento tranquillo».



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