La Nuova Sardegna

Orgosolo affronta il virus: attenzione, ma niente paura

di Valeria Gianoglio
Orgosolo affronta il virus: attenzione, ma niente paura

La reazione del paese ai 18 casi di positività. Marco, testimonial d’eccezione 

04 settembre 2020
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INVIATA A ORGOSOLO. «Ognuno faccia il suo dovere e siamo tutti salvi: questa cosa l’abbiamo causata noi. Anche i turisti dovevano stare attenti. Ognuno il suo dovere e siamo salvi, solo questo. ’Umpresu asa? Io sono giorni che non vedo miei nipoti, perché sto attento e non voglio creare problemi». Tziu Mario Pisanu, dall’alto dei suoi 78 anni e una vita intera trascorsa a fare il pastore, ha il tono severo da vecchio saggio, quando per un attimo si aggiusta la mascherina, la prende in mano, guarda dritto negli occhi, seppur con le dovute distanze, il suo interlocutore, e analizza in pochi lucidi concetti la crisi internazionale della pandemia e le ultime giornate complicate a Orgosolo: tra tamponi drive-in e 18 residenti positivi.

In piazza Caduti in guerra, nel cuore di Orgosolo, il tempo scorre lento come sempre. Covid o non Covid, ordinanze o meno, mascherine e nuove regole: nemmeno il coronavirus riesce a fermare il paese. In corso Repubblica, davanti alla chiesa del Santissimo Salvatore e alla mega immagine della beata Antonia Mesina, pochi minuti prima che cominci il rosario giornaliero, Giuseppe Rubanu, commerciante da 50 anni, entra all’interno del suo negozio di souvenir e artigianato sardo, si abbassa la mascherina, afferra la fisarmonica e canta a squarciagola “Arrivederci, Roma” e a seguire l’immancabile “Non potho reposare”. E un gruppo di turisti torinesi lo ascolta tra l’incantato e il divertito. «Basta solo stare attenti e seguire le regole – dice lui, dopo l’esibizione estemporanea – ma l’allarmismo non serve proprio a nessuno, e a volte se n’è fatto troppo». A poca distanza tzia Peppina Farina, si affretta a raggiungere il portone della chiesa: si stringe nella sua “fardetta” nera e si appresta a pigiare il liquido igienizzante vicino all’acquasantiera. Lei, la classica mascherina chirurgica color celeste sbiadito, la porta letteralmente incorporata: sepolta sotto “su mucadore” avvolto attorno al viso, che già da tempi non sospetti protegge lei e tante altre pensionate del paese.

«Ci siamo tutti organizzati, adulti e ragazzi, chi più chi meno – racconta la giovane Maria Grazia Piras, affacciandosi dalla sua gelateria “Jelizia” – e anche come commercianti abbiamo deciso di esporre il cartello con le nuove indicazioni contro il coronavirus e la regola dell’utilizzo h24 della mascherina. L’ordinanza con le nuove disposizioni ci voleva perché forse non tutti prima stavano rispettando le regole». E all’ingresso del paese, in via Mastino, abita forse uno dei più grandi sostenitori, a Orgosolo, delle nuove regole. Probabilmente il loro attuale e migliore testimonial. Dal balcone al primo piano di una villetta gialla, fa capolino, infatti, Marco: il giovane barman che si era autoisolato a Porto Rotondo, vicino al suo luogo di lavoro, dopo alcuni sintomi sospetti: poi è risultato positivo al Covid. «Non mi aspettavo questa straordinaria mobilitazione del paese e di tanti medici per aiutarmi a farmi fare il tampone e tornare a casa – dice – e devo ringraziare tutti. Mi hanno chiamato da tutta Italia. Ora, tutto sommato, sto bene». «Se si esclude che non avverte ancora i sapori – spiega, guardandolo dal piano terra, mamma Tiziana – nemmeno il raviolone spinaci e formaggio che gli ho fatto avere oggi a pranzo. E questo la dice lunga, eh». «Ma ho imparato una grande lezione – racconta lui, osservando dall’alto, e con un pizzico di nostalgia, la vita che scorre come sempre sotto i suoi occhi – forse all’inizio di questa cosa del virus, a marzo, non avevo capito che era una questione così delicata, ora invece ho capito sulla mia pelle che non c’è da scherzare, che è una cosa maledettamente seria. Lo dico soprattutto ai ragazzi come me: state attenti e non abbassate la guardia. Ne usciremo tutti insieme, se ognuno farà la sua parte».

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