La Nuova Sardegna

Santo Stefano, incubo infinito per i 25 dipendenti contagiati

di Antonello Palmas
Santo Stefano, incubo infinito per i 25 dipendenti contagiati

Michela, cameriera del resort: «Positiva al terzo tampone, ma stiamo tutti bene» «Situazione frustrante, il virus non va via. E le autorità sanitarie non rispondono» 

07 settembre 2020
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LA MADDALENA. Fuori il paradiso, ma loro sono rinchiusi in una stanza. Sono 25 stagionali del Santo Stefano resort, quasi tutti giovani, qualcuno addetto alle cucine sui 40-50 anni, risultati positivi al Covid e che dal 19 agosto scorso stanno vivendo una sorta di incubo del quale non vedono la fine, rinchiusi ciascuno in una stanza e con i contatti con l’esterno affidati ai social e allo smartphone. Mentre nel resto della struttura sull’isola dell’arcipelago della Maddalena la vita prosegue per fortuna normalmente e sono presenti oltre 250 ospiti vacanzieri in un contesto da sogno.

Molto meno divertente la situazione dei 25: «Ieri (sabato, ndr) è stata una bruttissima giornata – racconta Michela Pinna – ho avuto notizia che al terzo tampone effettuato il 1° settembre risultavo ancora positiva e mi è crollato il mondo addosso, ho pianto per tutto il tempo, non me lo aspettavo». Giovane cameriera di Quartu Sant’Elena, Michela si è vista scaraventare nel girone degli “appestati” in seguito all’allarme scoppiato dopo ferragosto nel resort quando una turista cremasca in vacanza con la famiglia risultò positiva. I controlli effettuati evidenziarono poi la positività di 25 dipendenti, da allora sotto chiave.

«Il 17 agosto – racconta – abbiamo fatto il primo tampone e siamo risultati positivi, il 24 il secondo (del quale molti non hanno e ancora ricevuto l’esito, addirittura quello di una collega risulta smarrito…), il terzo il 1° settembre e purtroppo io risulto ancora positiva. Devo ancora ripeterlo per sperare di risultare negativa due volte di seguito e poter andare a casa». Insomma non se ne parla per un’altra decina di giorni. «La cosa che in parte ci conforta è che siamo tutti asintomatici, stiamo bene e questo è molto importante – dice Michela – però, come potrete immaginare, viviamo una situazione molto pesante che crea frustrazione, malessere, ti senti in prigione in un posto fantastico, una condizione strana. Siamo consapevoli di dover affrontare la quarantena, abbiamo un virus in corpo che sembra non volerci lasciare».

Uno degli aspetti più disturbanti è la sensazione di abbandono da parte delle autorità sanitarie: «Da quando abbiamo iniziato l’isolamento non ci hanno mai chiamati per sapere come stiamo – dice la ragazza quartese – non si sono mai interessati, avremmo anche potuto stare malissimo. Quando chiamiamo per sapere dell’esito dei tamponi accade che non rispondono, oppure non sanno che dire, o ti dicono che c’è da attendere. Ci sono colleghi senza l’esito del secondo tampone. È molto frustrante, ci sentiamo abbandonati».

Ci sono stai problemi anche con i medici di famiglia, diversi si rifiutavano di aprire le pratiche di infortunio: «Erano convinti che non potessero farlo, ma dopo un confronto con il sindacato la questione è stata chiarita», spiega la dipendente del resort. I pasti da consumare in stanza arrivano attraverso alcuni addetti, non si utilizzano spazi comuni, «al massimo – racconta Michela – tra noi ci permettiamo un saluto a distanza stando sulla soglia della porta… Per trascorrere il tempo guardo serie tv, film, faccio attività fisica, sento gli amici al telefono, uso le chat. Così tutti, siamo sulla stessa barca. Ognuno reagisce a modo suo, c’è chi la prende meglio di altri. Tutti vorremmo riavere la nostra libertà, ma la situazione è snervante per chiunque, da tre settimane siamo così e ciò che più disturba è l’atteggiamento delle autorità sanitarie e l’incertezza in cui ci confinano».

Avete idea di come siete entrati in contatto con il virus: «Difficile dirlo. Io ho lavorato sempre a contatto con i clienti nel ristorante, sempre utilizzando i dispositivi di protezione individuale, ovvero la mascherina chirurgica (quella che non difende chi la porta ma gli altri, ndc). Suppongo che possa essere nato tutto da qualche cliente lombardo (sono quasi tutti di quella regione) che possa aver contagiato uno dello staff e sia poi tornato a casa senza sintomi. Il pericolo degli asintomatici rende tutto incerto, purtroppo bisogna rendersi conto che non può esserci una sicurezza totale».

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