La Nuova Sardegna

Rsa, il virus blocca le visite la solitudine degli anziani

di Alessandro Pirina
Rsa, il virus blocca le visite la solitudine degli anziani

Appello dei familiari dei ricoverati: non vogliamo abbandonare i nostri cari. Masala, Anaste: purtroppo è l’unica soluzione per difenderli da eventuali contagi

11 settembre 2020
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SASSARI. Il Covid le ha inserite tra i luoghi più a rischio, perché i suoi ospiti - perlopiù anziani - sono soggetti deboli, fragili. Di qui la scelta di fermare nuovamente le visite dei parenti all’interno delle Rsa. Una decisione inevitabile visto l’aumento del numero dei positivi in quest’ultimo scorcio di estate. Ma altrettanto inevitabile è la delusione degli ospiti delle residenze sanitarie, che ancora una volta si vedono tagliati fuori dalla vita quotidiana, senza neanche poter scambiare due parole con i figli o ricevere un abbraccio dai nipoti. Nei giorni scorsi la Nuova ha raccolto l’appello di Maria Teresa Atzei, figlia di un anziano gravemente malato ricoverato in una Rsa di Cagliari, che chiede alle autorità sanitarie di concedere almeno a una persona la possibilità di visitare il parente. «Mia madre fa una vita monacale e non capisco perché non possa fare compagnia a mio padre negli ultimi scampoli della sua vita», ha detto la donna.

Gianni Masala è il responsabile regionale dell’Anaste, l’associazione delle strutture della terza età. Gestisce anche nove case di riposo nell’hinterland del capoluogo e sa quello che vivono mariti e mogli, figli e nipoti nel non potere più stringere la mano ai loro cari rimasti soli. Ma purtroppo la paura del Covid è più forte e il lockdown degli affetti è una necessità. «In questo momento le Rsa hanno le stesse regole sancite per gli ospedali – spiega –. Le linee guida lasciano un po’ di discrezionalità al direttore sanitario, ma l’indicazione è quella di fermare le visite. Lo stesso discorso vale per le case di riposo. La direttiva dell’Ats ci invita a bloccare le visite, ma allo stesso tempo il direttore può decidere in base alle esigenze organizzative della struttura. In linea di massima, però, abbiamo chiuso tutti. L’aumento del numero dei tamponi positivi spaventa. Io comprendo le ragioni dei parenti che vorrebbero stare con i loro cari ricoverati – aggiunge –, ma le ragioni della struttura sono superiori, perché dobbiamo proteggere i nostri ospiti dal rischio contagio. Non vogliamo si ripetano casi come quello di Sassari in primavera». C’è un altro aspetto che Masala tiene a sottolineare. «Purtroppo i familiari che sollevano questo problema sono pochi. La maggior parte degli ospiti delle strutture non riceve mai visite, tanto che noi le organizziamo in un salone unico per permettere agli anziani di scambiare due parole con i parenti degli altri».

Dire quante persone oggi risiedono tra Rsa e case di riposo non è semplice. Nelle prime i posti accreditati sono tra i 1.500 e i 2mila, ma per le seconde, presenti più o meno in ogni comune dell’isola, è difficile fare una stima. «Numeri insufficienti rispetto alle richieste – dice Masala –, anche perché la nostra regione ha una proiezione di vita molto alta». Ma ora, causa Covid, c’è anche carenza di personale. «Quando è scoppiata la pandemia l’Ats non era organizzata. Ora invece sta chiamando personale infermieristico e Oss a tempo determinato, facendo trapelare che possa trasformarsi in indeterminato. E così tutti gli infermieri vanno via dalle strutture private che infatti ora non trovano infermieri. E infatti stiamo facendo colloqui a infermieri che arrivano dall’Europa dell’Est e dalla ex Iugoslavia: siamo tornati indietro di 15 anni».

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