La Nuova Sardegna

Test volontari e uguali per tutti per chi arriva in Sardegna

di SILVIA SANNA
Test volontari e uguali per tutti per chi arriva in Sardegna

Nella nuova ordinanza il governatore Solinas deve superare l’aspetto dell’obbligatorietà o trovare un giusto compromesso: in caso contrario il rischio è che il documento diventi carta straccia - IL COMMENTO

11 settembre 2020
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L’ordinanza che il governatore Solinas sogna di firmare da mesi è quasi pronta. A giugno il presidente della Regione diceva: «È necessario che i turisti che arrivano in Sardegna si sottopongano a test per accertare la negatività. Altrimenti il virus ricomincerà a diffondersi nella nostra isola Covid free». La sua proposta – prima il passaporto sanitario, poi il certificato, per arrivare al test pungidito – è affondata tra le polemiche. Ora c’è una seconda possibilità. E questa volta è vietato sbagliare. La proposta di giugno era stata respinta in parte perché giudicata incostituzionale dal Governo e in parte perché non dava risposte essenziali: chi fa i test? chi li paga?

E poi, siamo certi di avere a disposizione tutti i kit necessari? Tre mesi dopo è corretto dire che quella proposta era impraticabile anche se l’intuizione di Solinas era giusta: i controlli sanitari avrebbero infatti limitato l’ingresso di persone già positive che si erano infettate da altre parti (vedi Ibiza e Croazia) e se non impedito, perché questo era ed è tuttora impossibile, almeno arginato la diffusione del virus. Storia passata, ormai, ma su cui riflettere per non sbagliare ancora e centrare l’obiettivo. Da alcuni giorni il governatore Solinas sta lavorando insieme agli esperti del Comitato scientifico a una nuova ordinanza che prevede l’adozione di misure più restrittive anti contagio. E al primo punto c’è di nuovo l’introduzione del test d’ingresso per chi vuole sbarcare nell’isola. Si può fare? Forse sì, considerato che altre regioni, come il Lazio, la Lombardia e la Campania, si sono già mosse in quella direzione: tra drive-in negli scali e postazioni mobili la fila dei villeggianti di rientro è costante e quotidiana. E c’è una caratteristica comune: chi si sottopone al test non è obbligato ma lo fa volontariamente. A meno che non provenga dalle zone a più alto per le quali c’è la direttiva nazionale: Grecia, Spagna, Malta e Croazia.

Nell’ordinanza il governatore Solinas deve superare l’aspetto dell’obbligatorietà o trovare un giusto compromesso: in caso contrario il rischio è che il documento diventi carta straccia. Per esempio, si potrebbero replicare le norme statali, con l’indicazione di alcune zone rosse per le quali non esiste discrezionalità: senza test non si passa. Ma è chiaro che l’obbligo non può esistere per i sardi che, per lavoro o altre ragioni, si spostano frequentemente dall’isola. Pensiamo per esempio agli addetti dei trasporti, abituati a fare su e giù dalla Penisola più volte a settimana: dovranno fare ogni volta il test? E se si presentano sprovvisti all’imbarco dovranno stare due giorni in quarantena in attesa di fare l’esame nell’isola? Impossibile. È chiaro che le misure restrittive dovranno essere pensate per tutelare la salute ma non dovranno essere un ostacolo per la vita quotidiana dei sardi che dovranno essere liberi di muoversi. Tutti i sardi, non solo alcune categorie: la possibilità che dai test siano esentati i politici – proprio per il fatto che viaggiano spesso – sarebbe un privilegio vergognoso. Perché solo loro e non tutti gli altri? Il virus non sceglie chi infettare, la pandemia ha dimostrato di essere assolutamente democratica.

Ma c’è un altro aspetto importante su cui Solinas e i componenti del comitato tecnico scientifico dovranno ragionare bene per evitare di sbagliare: per invogliare il numero più alto di persone a farlo, eseguire il test non deve essere complicato. E la maniera più semplice è proprio quella dei drive-in, che tanto bene sta funzionando per esempio al Mater Olbia. Invece di costringere i viaggiatori a rivolgersi a un laboratorio, con perdita di tempo e di denaro, e magari ritardi nella consegna dell’esito, perché non pensare di fare i test nei porti e negli aeroporti? Allestire le postazioni non pare difficile, meglio ancora se la scelta ricadrà sul nuovo tampone rapido, quello che dà la risposta in 10 minuti e che allo Stato costa appena una manciata di euro. Si può fare? Forse si, l’importante è farlo bene

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