La Nuova Sardegna

Finisce la fuga per amore: preso Johnny lo zingaro

di Luca Fiori
Finisce la fuga per amore: preso Johnny lo zingaro

Sorpreso in una casa di campagna. Arrestato anche il proprietario del rifugio

16 settembre 2020
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SASSARI. «Ho fatto na’ cazzata, ma l’ho fatta per amore. Si fugge sempre per amore e un po’ per riassaporare il gusto della libertà». È finita poco prima dell’alba di ieri in un vecchio casolare nelle campagne tra Sassari e Sorso - con queste parole di resa - la fuga di “Johnny lo Zingaro” al secolo Giuseppe Mastini, 60 anni, romano di origini sinti, sparito nel nulla sabato 5 settembre, dopo un permesso premio in una casa famiglia della diocesi di Sassari, in cui aveva trascorso qualche giorno di libertà con la compagna Giovanna Truzzi.

La stessa donna con cui era stato trovato il 25 luglio del 2017 a Taverne d’Arbia, in provincia di Siena, dopo un’altra fuga - anche quella per amore - dalla scuola di polizia penitenziaria di Cairo Montenotte, nel savonese, dove era stato assegnato per svolgere un periodo di lavoro esterno. Lo cercavano dappertutto ma alla fine Johnny, il bandito che ha terrorizzato Roma tra gli anni ’70 e ’80, lasciando dietro di sé una lunga scia di crimini e sangue, non aveva fatto troppi chilometri. Forse progettava di lasciare la Sardegna e raggiungere nuovamente la compagna nella penisola, ma non ha fatto in tempo. Poco prima delle 8 del mattino una cinquantina di uomini della squadra mobile della Questura di Sassari e di quella di Cagliari, insieme agli investigatori dello Sco (servizio centrale operativo della polizia) e gli agenti del Nic (nucleo investigativo della polizia penitenziaria) hanno fatto irruzione in un casolare lungo la strada vicinale Zinziodda-Li Buttangari, mentre un elicottero presidiava la zona dall’alto.

«Non sparate, sono disarmato» ha detto “Johnny lo Zingaro”, quando il dirigente della Mobile di Sassari Dario Mongiovì e suoi uomini sono riusciti - attraverso una finestra e dopo aver tenuto a bada un pastore maremmano che faceva da guardia - a raggiungere il rudere in cui l’ergastolano si stava accingendo a preparare un caffè.

Cappelli corti biondo platino per rendersi irriconoscibile, scarpe da tennis, jeans e una t-shirt da ragazzino, Giuseppe Mastini si era appena svegliato e non ha opposto alcuna resistenza. «Ho fatto proprio na cazzata, lo so – si è arreso il fuggiasco – sono fatto così». “Johnny lo Zingaro” si è lasciato ammanettare dagli uomini della polizia che per dieci giorni gli hanno dato la caccia senza sosta. A loro prima del viaggio verso la questura di Sassari ha ammesso candidamente che avrebbe voluto proseguire la sua relazione amorosa ed è per questo che la mattina del 5 settembre non si è presentato nel carcere di Bancali, dove era atteso entro le 12.20. La caccia all’uomo che ha portato al suo arresto è stata coordinata dal procuratore capo Gianni Caria e dal sostituto Enrica Angioni che ieri si sono congratulati per «l’ottimo lavoro svolto con abnegazione e professionalità da parte degli investigatori».

La manette a fine mattinata sono scattate anche per Lorenzo Panei, 51 anni originario di Avezzano, proprietario del casolare in cui “Johnny lo Zingaro” è rimasto nascosto per tutta la breve latitanza. Panei, che dopo l’interrogatorio in questura ha ottenuto gli arresti domiciliari, deve rispondere dell’accusa di favoreggiamento. L’uomo, qualche piccolo precedente con la giustizia lontano nel tempo, gestisce davanti al casolare in cui si nascondeva Giuseppe Mastini un deposito e un’azienda di scavi e demolizioni. A lui il fuggiasco è arrivato potendo contare sull’appoggio di conoscenze tra la comunità sinti presente in Sardegna. Per individuare il casolare in cui si nascondeva il latitante gli investigatori hanno passato una decina di notti insonni. Gli uomini della polizia hanno ricostruito il lunghissimo curriculum carcerario dello “Zingaro” per capire chi potesse supportarlo in territorio sardo, tra vecchie conoscenze tra le sbarre e altre amicizie maturate nel tempo, per stringere il cerchio e arrivare a individuare la zona in cui ieri mattina è scattato il blitz che ha portato all’arresto. Dopo la scomparsa di Mastini circa duecento utenze telefoniche erano finite sotto intercettazione e proprio dall’ascolto di quelle conversazioni è stato possibile chiudere il cerchio. Gli agenti sapevano che l’ergastolano non aveva lasciato l’isola, perché il giorno della sua fuga la compagna era stata bloccata dalla polizia di frontiera mentre si imbarcava da sola da Olbia per lasciare la Sardegna. A fine mattinata per “Lo Zingaro” si sono riaperte le porte del carcere di Bancali, in attesa di un probabile trasferimento nell’istituto penitenziario di Uta.

«Fai da bravo» gli ha detto con un sorriso il dirigente della Mobile Mongiovì, mentre i suoi uomini lo facevano sedere in macchina. Berrettino da baseball calato sulla fronte e mascherina, Johnny ha annuito e sorriso con gli occhi. Quasi una promessa, fino al prossimo tentativo di fuga. E se ci riuscirà ancora, sarà sicuramente per amore.

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