La Nuova Sardegna

Orune vuole uscire dall’incubo Tutti in fila per il tampone

di Valeria Gianoglio
Orune vuole uscire dall’incubo Tutti in fila per il tampone

Partecipazione massiccia degli abitanti allo screening voluto da Comune e Ats Il sindaco Deiana: «Andiamo avanti a oltranza: qui c’è l’intero paese»

24 settembre 2020
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INVIATA A ORUNE. «All’infinito proseguo. All’infinito. Da questa cosa ne dobbiamo uscire. Oggi andiamo avanti a oltranza fino a quando non “tamponiamo” tutto il paese: siamo 2226 abitanti. Ma tolti gli accertamenti che abbiamo già fatto, oggi facciamo tra gli ottocento e i mille tamponi. Ma lo vedete? Lo vedete che sono venuti tutti?». Mascherina che gli copre tre quarti del viso, occhi puntati sul lungo serpentone di compaesani che si preparano a entrare nel cortile delle ex scuole medie, il sindaco Pietro Deiana, il giorno dopo l’ordinanza più difficile della sua carriera di amministratore comunale, per qualche attimo tira fuori l’orgoglio di sentirsi parte di una comunità che risponde compatta agli appelli. Soprattutto se, come quelli di martedì sera, suonano tanto da ultima possibilità per evitare il ritorno a un vero lockdown.

Sarà la paura, dunque, mescolata alla voglia pungente di dare un segnale di responsabilità e insieme un calcio al destino avverso, certo è che l’appello alle coscienze degli orunesi ha funzionato davvero. Alle 7.30 del mattino, non a caso, e ben prima dell’orario fissato per i test, davanti al cancello delle ex scuole medie, c’è già il primo aspirante al tampone. Ma in quel momento l’unità mobile mandata dall’Ats non era ancora arrivata a Orune. Eppure, nonostante la pioggia che a tratti appesantisce l’attesa, nell’arco di due ore, tra il cancello delle ex Medie e le vie limitrofe, si comincia a formare una fila di auto mai vista.

«Sono venuti tutti spontaneamente, oggi io vedo una partecipazione non indifferente – spiega ancora il sindaco Deiana – ed è proprio questo il bello. Lo posso dire a voce alta: c’è una partecipazione non indifferente. Il primo, quello che è arrivato alle 7.30, ha trovato noi che stavamo organizzando il salone. C’eravamo io, la ragazza della Ros Mary e gli amministratori. La gente è venuta perché ieri sera abbiamo fatto passare il banditore, e così stamattina c’è questa massa non indifferente. Tutti, tutti indistintamente stanno collaborando: Protezione civile, carabinieri, operai, amministratori, dipendenti comunali».

E mentre alle ex scuole Medie procede il rito dei tamponi, nel cuore del paese il tempo sembra essersi fermato. Serrande abbassate in corso Repubblica, se si esclude il market e l’ufficio postale, bar chiusi come ha prescritto l’ultima ordinanza e hanno chiesto, di loro spontanea volontà, gli stessi proprietari dei locali. Solo nella piazza del municipio, il bar è aperto. «Ma c’è un motivo – precisa la giovane al suo interno – perché funzioniamo come tabaccheria, quindi siamo autorizzati». Nel municipio su uno schermo scorrono veloci le notizie del giorno, e i richiami al rispetto delle ultime regole introdotte per scongiurare la chiusura del paese. A poca distanza in linea d’aria, nell’aula magna delle ex scuole medie, intanto, i lavori per adattare la vecchia aula magna a sala-tamponi, sono già a buon punto. E intorno alle 10 arriva anche il gruppo di medici e personale sanitario inviato dall’Ats, e da Cagliari e Sanluri, per eseguire gli accertamenti su tutto il paese. Il loro lavoro andrà avanti senza interruzioni, ieri, fino alle 17. Gli esiti potrebbero arrivare nell’arco di un giorno. Mentre oggi i tamponi saranno fatti a domicilio ai residenti che hanno qualche forma di disabilità. «Il nostro obiettivo è coprire il 100 per cento del paese» spiega il sindaco. E a chi gli chiede come sia stato possibile che un paese di 2200 anime sia arrivato ad avere 53 positivi e 150 in quarantena, Deiana risponde deciso anche a chi addossa le colpe alle feste e ad altri momenti di ritrovo. «Potevamo evitare di fare la festa del Carmelo? Io non penso – dice – non credo che sia collegata ai contagi. Perché se dovessimo addossare i contagi al Carmelo, il picco doveva scoppiare prima, e invece è scoppiato dopo. Da dove è nato, allora? Da qualcuno che ha approfittato della libera uscita ed è andato fuori, le discoteche, le feste ... O magari qualcuno che è tornato dal Continente. L’importante adesso è uscirne».

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