La Nuova Sardegna

«Ragazzi scegliete il percorso giusto e trovare lavoro sarà più facile»

di Silvia Sanna
Studenti durante un incontro alla Nuova Sardegna (la foto d'archivio è precedente all'inizio della pandemia)
Studenti durante un incontro alla Nuova Sardegna (la foto d'archivio è precedente all'inizio della pandemia)

L’assessore regionale alla Pubblica istruzione invita gli studenti alla prudenza: «Soltanto così eviteremo nuove serrate»

08 ottobre 2020
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Assessore Biancareddu, il virus che sembrava scomparso è riesploso e aleggia nelle aule scolastiche. È preoccupato?
«Impossibile non esserlo. Per questo chiedo a tutti di mettere in pratica comportamenti responsabili, la posta in gioco è altissima. Mi rivolgo agli studenti ma anche ai professori».

Che cosa devono fare gli insegnanti?
«Vorrei che parlassero ai ragazzi con frequenza quotidiana e spiegassero la pericolosità del virus e quanto è facile purtroppo infettarsi e contagiare gli altri. È fondamentale acquisire consapevolezza del problema: soprattutto i più piccoli devono capire perché sono tenuti a indossare la mascherina e non possono giocare liberamente con i compagni. Ma è chiaro che solo questo non può bastare, ci sono altre questioni cruciali che ancora non sono state risolte».

Per esempio?
«È antipatico dire “l’avevo detto” ma purtroppo è così. Autorizzare il riempimento degli autobus per gli studenti pendolari all’80% con il 100% di posti a sedere è stato sbagliato. I mezzi non sono sufficienti, a bordo si creano assembramenti. Oppure, per evitarlo, gruppi di ragazzi restano a terra: non vanno a scuola, perdono un loro diritto. Siamo intervenuti per metterci una pezza autorizzando l’integrazione dei mezzi delle linee private ma il Governo, invece di spendere una montagna di denari per acquistare nuovi banchi, avrebbe dovuto capire che investire sui trasporti, come anche sulla misurazione della temperatura a scuola, era una priorità».

Perché sui trasporti la Regione non è intervenuta subito?
«Perché non possiamo farci carico di tutto. Abbiamo stanziato moltissime risorse per le famiglie e per le aziende in ginocchio dal Covid, pensiamo ai 120 milioni per le famiglie e ai 100 milioni dell’accordo con la Bei. Che si aggiungono a tutti gli stanziamenti per l’istruzione, tra i quali i 13,6 milioni per garantire le borse di studio. Sulla scuola lo Stato deve essere più presente, garantire finanziamenti e risorse umane. Invece all’appello mancano i banchi e soprattutto i professori. E sulla sicurezza Covid si poteva fare molto di più».

C’è il rischio di un nuovo lockdown per le scuole?
«Io mi auguro di cuore che non sia necessario e che sia sufficiente chiudere temporaneamente il singolo istituto o sospendere le lezioni per le classi dove sono presenti soggetti positivi. Monitoriamo l’evoluzione della situazione ogni giorno, verifichiamo i numeri e le percentuali. L’obiettivo è tenere le scuole aperte, perché la serrata dell’anno scorso è stata devastante per i nostri ragazzi. Non vorrei che le difficoltà di questo periodo facessero crescere ulteriormente il fenomeno della dispersione scolastica».

Per quanto riguarda gli abbandoni, a prescindere dal Covid l’isola è maglia nera in Italia da diversi anni. Che cosa non funziona?
«Ci sono diverse motivazioni. Ne dico due: un sistema di orientamento carente e l’offerta insufficiente soprattutto in alcuni territori».

Parliamo dell’orientamento, come si può aiutare uno studente a scegliere il percorso più adatto a lui?
«Il ragazzo va supportato e consigliato. È importante il ruolo dei professori, i primi a conoscere predisposizioni e passioni dei singoli. Non servono a molto quegli eventi in cui gli istituti presentano la propria offerta, è invece necessario indagare sulle capacità di ciascuno. Questo aiuta a evitare scelte sbagliate e futuri abbandoni: lo studente bocciato al primo anno si scoraggia e decide di non andare più a scuola. E poi c’è il problema dell’offerta che va distribuita nei territori: il ragazzo deve poter scegliere, altrimenti finirà per iscriversi nella scuola più vicina anche se quel percorso non è nelle sue corde».

“Scuola è lavoro” ha come obiettivo primario proprio quello di avvicinare i due mondi che spesso faticano a incontrarsi.
«È una iniziativa lodevole perché è proprio questo l’obiettivo da raggiungere. Con il giusto orientamento e con il percorso più consono dopo il diploma, all’Università o anche ai corsi Its, Istituti tecnici superiori. Una realtà importante sulla quale la Regione sta investendo moltissimo e sta ottenendo importanti risultati».

Quali sono i percorsi attivi?
«A Cagliari c’è l’indirizzo sulla mobilità sostenibile, a Sassari sull’agroalimentare, a Macomer sulle energie rinnovabili. A breve partiranno in Gallura sulla tecnologia e a Tortolì su comunicazione e informatica. Gli studenti acquisiscono al termine del percorso di 3 anni un titolo di altissima specializzazione e il 70-80% trova subito un lavoro, grazie anche alle imprese partner che partecipano all’iniziativa e richiedono determinate figure. È questo il futuro: agganciare i due mondi, scuola e lavoro. Così si crea lavoro, così si aiutano i nostri giovani e la nostra isola».
 

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