La Nuova Sardegna

Mascherine invendute: una compensazione per aiutare le aziende

di Claudio Zoccheddu
Mascherine invendute: una compensazione per aiutare le aziende

L’assessora regionale all’industria Pili: serve una soluzione Matzutzi, Confartigianato: made in Italy? Conta il prezzo

16 ottobre 2020
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SASSARI. Sono entrati nell’emergenza con le stimmate dei salvatori, aziende in missione per conto dello Stato. Poi, quando la penuria è diventata abbondanza, sono finiti sul viale del tramonto. Loro, però, non hanno alcuna intenzione di percorrerlo e hanno iniziato a chiedere il conto, della missione speciale per cui hanno investito tempo e risorse, e della conseguente amnesia governativa. I produttori di mascherine attivi nell’isola hanno problemi a vendere i loro dispositivi, compresi quelli certificati dall’Istituto superiore di sanità, perché i costi di produzione li costringono ad immettere sul mercato un prodotto troppo costoso rispetto a quello che possono proporre gli importatori che operano sui mercati asiatici. Dunque, chi ha scommesso, chi si è messo in moto per dare una mano, chi ha creduto di poter offrire lavoro in un momento di estrema difficoltà, adesso vede gli sforzi vanificati da chi acquista a prezzi ribassati e, in alcuni casi, senza far troppo caso alla qualità. Le loro proteste, però, hanno aperto un dibattito.

Le risposte. L’assessorato regionale all’Industria ha una proposta: «Questa potrebbe essere l’occasione per approfondire le difficoltà riscontrate insieme alle aziende che hanno riconvertito i loro processi produttivi – annuncia l’assessora Anita Pili –. L’obbiettivo è capire, sulla base degli strumenti a disposizione, se sia possibile trovare una soluzione di compensazione al gap. Ovviamente, prima di dare una risposta precisa occorre verificare la situazione nel dettaglio». Che poi, è parte di quello che chiedono le aziende che hanno affrontato l’emergenza di petto dopo aver ricevuto l’invito direttamente dal premier, Giuseppe Conte. Ma c’è anche una buona dose di non detto che tende a ripetersi senza soluzione di continuità e che, purtroppo, non riguarda solo le produzioni attivate sulla scia dell’emergenza sanitaria: «Si sente spessissimo parlare di Made in Italy. In questo caso è Made in Sardinia – spiega Antonio Matzutzi, presidente di Confartigianato Sardegna –. Si parla della qualità impareggiabile, dello stile, della funzionalità e di quanto sia giusto proteggere queste eccellenze. Poi, quando i microfoni sono lontani, l’unica cosa che conta è il prezzo». A complicare ulteriormente le cose, e a far lievitare i prezzi, ci sono le difficoltà legate alla condizione di insularità: «Partiamo sempre svantaggiati – aggiunge Matzutzi –, soprattutto quando ci troviamo a competere sul mercato nazionale e su quelli internazionali. Paghiamo la differenza di costo dell’energia, le difficoltà nei trasporti e tutto quello che significa essere costretti a produrre su un’isola. Purtroppo, nel caso delle mascherine, l’azienda di Tortolì è solo una della tante che hanno iniziato con tanto entusiasmo e adesso sono costrette a ragionare in maniera diversa. Mi riferisco a un’azienda di Bonorva, una di Samugheo e ad altre piccole realtà artigiane sparse in tutta l’isola che non possono certo competere con i produttori asiatici. Sono state tagliate fuori. Ora speriamo che si possa trovare una soluzione anche a questo», conclude il presidente di Confartigianato Sardegna.

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