La Nuova Sardegna

L’Ue: per la carne di maiale sarda resta l’embargo

L’Ue: per la carne di maiale sarda resta l’embargo

Copagri: «Peste suina quasi sconfitta, forse la commissaria non è stata informata dalla Regione»

25 ottobre 2020
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SASSARI. La fine dell’embargo delle carni suine sarde e dei loro derivati “non s’ha da fare”, o almeno non è ancora il momento. Anche la commissaria Ue alla salute e sicurezza alimentare Stella Kyriakides, come il suo predecessore, ha gelato le speranze del settore suinicolo isolano che sperava nella riapertura visti i numeri assolutamente confortanti nella lotta alla Peste suina africana, praticamente vinta dopo 40 anni grazie alle rigorose politiche messe in atto con l’unità di progetto.

Lo ha fatto rispondendo a un’interrogazione di alcuni eurodeputati del gruppo Conservatori e Riformisti europei, che hanno richiamato l’attenzione della Commissione sui progressi ottenuti nell’isola, dove _ hanno evidenziato _ c’è stato un notevole calo dell’incidenza della Psa e vi sono quasi 500 aziende che hanno seguito le regole e sono supercontrollate rispetto al virus. Hanno fatto insomma notare che non si può continuare a tenere chiuso un territorio che è ormai a un passo dal debellare il problema. «Può dire la Commissione come intende intervenire al fine di evitare che la Sardegna rimanga ancora compresa, ingiustamente, tra i territori soggetti alle restrizioni?» hanno chiesto gli eurodeputati.

La Kyriakides ha risposto ricordando le ispezioni del 2013 e del 2016, che avevano fatto emergere numerose criticità, in particolare avevano «individuato alcune carenze nei controlli ufficiali condotti in Sardegna in merito alla registrazione dei suini e al contenimento dell’infezione. Sono stati inoltre ravvisati due dei principali fattori che contribuiscono alla persistenza della peste suina africana in Sardegna, ossia la presenza di un gran numero di suini allo stato brado non registrati e una popolazione di cinghiali non controllata”.

Da allora però la situazione è radicalmente cambiata ed è la stessa Kyriakides a sottolineare che l’ispezione del 2019 ha invece mostrato «che la Sardegna sta procedendo nella direzione giusta». Ma alla commissaria cipriota non basta ed ecco la frase con cui rinvia a data da destinarsi la riapertura: «I suini allo stato brado continuano tuttavia a costituire un problema e alle autorità veterinarie resta molto lavoro da fare per debellare le restanti sacche di questa malattia persistente nei suini domestici e nei cinghiali» ipotizzando una revisione delle solo in seguito all’esito positivo di una nuova ispezione.

«Eppure i risultati ottenuti sono straordinari – interviene Copagri Sardegna – da due anni non si registra un focolaio, da oltre un anno e mezzo non si è individuato il virus nei cinghiali; l’ultima volta 18 mesi fa. Sono stati abbattuti, perché detenuti illegalmente, quasi 5.000 maiali. Restano sul campo forse un centinaio di maiali bradi non censiti a fronte di 180.000 capi allevati, mentre la commissaria fa pensare a grandi numeri nel pascolo brado».

La delusione è palpabile: «Francamente – dicono il presidente e il direttore di Copagri Sardegna, Ignazio Cirronis e Pietro Tandeddu – ci viene difficile accogliere le argomentazioni della commissaria europea alla salute e sicurezza alimentare a supporto del rinvio della liberalizzazione dell’export delle carni suine e suoi derivati provenienti dalla Sardegna. L’ipotesi più plausibile è che non sia stata informata, né dalla Regione, né dal ministero sulla realtà attuale della suinicoltura in Sardegna. L’unità di progetto ha presentato da tempo la sua relazione sullo stato di attuazione del programma straordinario di eradicazione della peste suina africana, relazione che si ritrova come allegato ad una delibera del 24 settembre».

E Copagri chiede alla Regione di sapere cosa abbia fatto per porre fine alla situazione e all’assessore alla sanità Nieddu di convocare l’unità di progetto e le organizzazioni agricole. (a.palm.)



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