«Ascolta il cuore, ridammi Fabio»
di Mauro Lissia
La madre del giovane ucciso il 21 marzo scrive al killer del figlio perché dica dove ha nascosto la salma
28 ottobre 2020
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CAGLIARI. Il tribunale gli ha detto no, Marcella Bellisai non può incontrare nel carcere di Uta il giovane che la Procura accusa, con prove schiaccianti, di aver ucciso Fabio Serventi a Perdaxius facendone sparire il corpo. Ma lei, la madre di quel ragazzo di appena ventiquattr’anni, non si rassegna: vuole almeno sapere dov’è finito, ha un bisogno disperato di una tomba, almeno una tomba, dove piangere il figlio. E la disperazione, si sa, produce azioni disperate: fallita la via legale, Marcella ha deciso di rivolgersi ad Andrea Pinna, il presunto assassino, per cercare in lui con una lettera pubblica un brandello di compassione: «Sono la mamma di Fabio - si apre il testo, concordato con l’avvocato Patrizio Rovelli - e probabilmente sarai sorpreso dal fatto che ho chiesto di incontrarti e che oggi addirittura ho deciso di scriverti. Non ho dato ascolto a nessuno se non al mio cuore e ai miei sentimenti di madre. Fabio mi manca e nessuno potrà farlo tornare in vita. Neppure tu che hai posto fine ai suoi giorni. Tu che lo conoscevi e che hai approfittato della fiducia che aveva in te». Qui il tono della lettera si fa più aspro: «Per quello che hai fatto sarai condannato. Così come meritano di essere condannati coloro che ti hanno chiesto di uccidere. Persone crudeli e senza scrupoli che tu, io non so se per paura o per convenienza, stai cercando di coprire. Così come ostinatamente stai nascondendo il corpo di Fabio quasi che questo possa cancellare la tua colpa e mettere a tacere la tua coscienza. Questa è la ragione per cui ho pensato di parlarti e di scriverti - va avanti la lettera - perché trovare mio figlio è, oramai, la mia unica ragione di sopravvivenza. Non conosco e non voglio neppure sentire pronunciare la parola vendetta, ma non avrò pace fino a quando non riuscirò a ritrovarlo».
Le parole di Marcella Bellisai, per quanto scritte, sono portatrici di un dolore che può essere solo materno: «Ogni giorno, ogni momento ripercorro i miei ricordi di madre. Cosa aveva fatto il mio ragazzino di tanto imperdonabile per essere cancellato dalla vita e per essere allontanato per sempre da noi che lo abbiamo voluto e amato? Ti chiedo di riflettere, di cercare dentro di te uno spiraglio di luce e di aiutare i Carabinieri a ritrovarlo. Non solo per consentirci di pregare sulla sua tomba. Ma anche per dare a te stesso un’opportunità di pentimento». Le ultime parole sono un progetto inevitabile di sofferenza ma anche un’ipotesi di comprensione: «Non so se riuscirò mai a perdonarti. Ma sappi che io e i miei cari terremo in grande considerazione un gesto di pentimento e di collaborazione. Rivolgiti a Dio se sei credente e trova la forza di dire tutta la verità».
Il delitto è ormai un fatto di cronaca: sono le 19.30 dello scorso 21 marzo quando Fabio Serventi rientra a casa del nonno paterno, a Perdaxius, dove viveva dall’estate precedente. Sale in camera a fare una doccia, quindi il nonno distingue il rumore di un’auto nella via sottostante e lo sente andare via. Non lo rivedrà mai più, perchè Fabio scompare insieme alla sua Vespa 50 che teneva nel cortile. E’ proprio lo scooter a condurre i carabinieri fino ad Andrea Pinna, che verrà rapidamente inchiodato da prove schiaccianti e arrestato. Lui stesso racconterà in una conversazione intercettata di aver accoltellato a morte il giovane per una questione di soldi, un debito di droga. Ma poi negherà tutto, compresa l’identità dei mandanti.
Le parole di Marcella Bellisai, per quanto scritte, sono portatrici di un dolore che può essere solo materno: «Ogni giorno, ogni momento ripercorro i miei ricordi di madre. Cosa aveva fatto il mio ragazzino di tanto imperdonabile per essere cancellato dalla vita e per essere allontanato per sempre da noi che lo abbiamo voluto e amato? Ti chiedo di riflettere, di cercare dentro di te uno spiraglio di luce e di aiutare i Carabinieri a ritrovarlo. Non solo per consentirci di pregare sulla sua tomba. Ma anche per dare a te stesso un’opportunità di pentimento». Le ultime parole sono un progetto inevitabile di sofferenza ma anche un’ipotesi di comprensione: «Non so se riuscirò mai a perdonarti. Ma sappi che io e i miei cari terremo in grande considerazione un gesto di pentimento e di collaborazione. Rivolgiti a Dio se sei credente e trova la forza di dire tutta la verità».
Il delitto è ormai un fatto di cronaca: sono le 19.30 dello scorso 21 marzo quando Fabio Serventi rientra a casa del nonno paterno, a Perdaxius, dove viveva dall’estate precedente. Sale in camera a fare una doccia, quindi il nonno distingue il rumore di un’auto nella via sottostante e lo sente andare via. Non lo rivedrà mai più, perchè Fabio scompare insieme alla sua Vespa 50 che teneva nel cortile. E’ proprio lo scooter a condurre i carabinieri fino ad Andrea Pinna, che verrà rapidamente inchiodato da prove schiaccianti e arrestato. Lui stesso racconterà in una conversazione intercettata di aver accoltellato a morte il giovane per una questione di soldi, un debito di droga. Ma poi negherà tutto, compresa l’identità dei mandanti.