Gli italiani bevono meno vino
Consumo interno in calo, ma aumenta quello dei prodotti di qualità e biologici Il Lambrusco resta il più popolare. Il settore pesa per il 17% sul totale del beverage
30 ottobre 2020
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Il mercato del vino pesa per il 17% sulle vendite complessive del settore beverage nel nostro Paese. L'emergenza sanitaria da Covid-19, il distanziamento sociale, il tendenziale calo dei consumi interni, parallelamente al deciso aumento della domanda statunitense, ha fatto scivolare l'Italia al terzo posto tra i Paesi consumatori. Si beve meno e con maggiore qualità, con un boom dei vini biologici e la leadership salda nelle mani della Sicilia, che, con 36mila ettari rappresenta il 34% della superficie vitata più estesa d'Italia. È quanto emerge da una ricerca della Rome Business School. Il Lambrusco si conferma il vino più popolare d'Italia, primo in termini di volumi, seguito a ruota dal Chianti, che però detiene il primo posto per vendite in valore.
In merito a bianchi e bollicine: Franciacorta, Pinot, Chardonnay e Vermentino Sardo.
Tra i vini emergenti, invece, spopola il Lugana, saldamente in prima posizione, seguito dal Primitivo Pugliese e a cascata dalla Passerina Marchigiana, dalla Ribolla Gialla Friulana e dal Negroamaro della Puglia. Dal punto di vista regionale, lo studio evidenzia nel 2019 il forte progresso di Sicilia (+2.4% al 45.5%) e Sardegna (+1.4% al 49.4%), che sono comunque in fondo alla lista per penetrazione di consumo. Tra le regioni invece con i consumi più importanti, si nota un calo dell'Emilia-Romagna (-1.4% rispetto al 2018, al 61.1%), che comunque resta la prima regione italiana in questa classifica.
Secondo una stima su dati Istat è emerso come nel 2020 le regioni italiane con il più alto tasso di consumo di vino siano Valle D'Aosta, Toscana ed Umbria.
Intanto emergono i primi dati sulla vendemmia 2020, ottima nella qualità e misurata nella quantità con una produzione complessiva di vino e mosto di 46,6 milioni di ettolitri, in lieve flessione del 2% rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri del 2019. È il responso della vendemmia italiana elaborato da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini. La stima registra un lieve calo anche rispetto alle prime stime di settembre (-1%, a 47,2 milioni; dato ripreso da Oiv per il nostro Paese e diffuso oggi per le previsioni mondiali) dovuto a minori rese sia in campo che in cantina, ma che vede crescere l'asticella della qualità, con uno standard che grazie al meteo si è elevato di settimana in settimana, con punte di eccellenza in quasi tutto il Paese anche dopo le piogge di fine settembre. La vendemmia di quest'anno vede una raccolta molto promettente anche per il futuro commerciale dell'Italia, principale produttore mondiale di vino. La geografia della raccolta, perfetta anche dal punto di vista dello stato fitosanitario delle uve, segna la contrazione maggiore per le regioni del Centro e Sud Italia, a partire dalla Toscana (-21%) fino alla Sicilia (-20%), all'Umbria e al Lazio (-10%). In controtendenza la Sardegna (+20%). In equilibrio il Veneto (+1%), che con 11 milioni di quintali di vino previsti mantiene il primato produttivo nazionale, seguito dalla Puglia, in calo dell'8% e dall'Emilia Romagna (+10%). In crescita, in un contesto generale che si posiziona sotto la media quantitativa dell'ultimo quinquennio, anche importanti regioni produttive come Abruzzo (+6%), Trentino Alto Adige (+5%), Lombardia (+10%) e Marche (+5%), mentre cala di 9 punti il Friuli Venezia Giulia.
In merito a bianchi e bollicine: Franciacorta, Pinot, Chardonnay e Vermentino Sardo.
Tra i vini emergenti, invece, spopola il Lugana, saldamente in prima posizione, seguito dal Primitivo Pugliese e a cascata dalla Passerina Marchigiana, dalla Ribolla Gialla Friulana e dal Negroamaro della Puglia. Dal punto di vista regionale, lo studio evidenzia nel 2019 il forte progresso di Sicilia (+2.4% al 45.5%) e Sardegna (+1.4% al 49.4%), che sono comunque in fondo alla lista per penetrazione di consumo. Tra le regioni invece con i consumi più importanti, si nota un calo dell'Emilia-Romagna (-1.4% rispetto al 2018, al 61.1%), che comunque resta la prima regione italiana in questa classifica.
Secondo una stima su dati Istat è emerso come nel 2020 le regioni italiane con il più alto tasso di consumo di vino siano Valle D'Aosta, Toscana ed Umbria.
Intanto emergono i primi dati sulla vendemmia 2020, ottima nella qualità e misurata nella quantità con una produzione complessiva di vino e mosto di 46,6 milioni di ettolitri, in lieve flessione del 2% rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri del 2019. È il responso della vendemmia italiana elaborato da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini. La stima registra un lieve calo anche rispetto alle prime stime di settembre (-1%, a 47,2 milioni; dato ripreso da Oiv per il nostro Paese e diffuso oggi per le previsioni mondiali) dovuto a minori rese sia in campo che in cantina, ma che vede crescere l'asticella della qualità, con uno standard che grazie al meteo si è elevato di settimana in settimana, con punte di eccellenza in quasi tutto il Paese anche dopo le piogge di fine settembre. La vendemmia di quest'anno vede una raccolta molto promettente anche per il futuro commerciale dell'Italia, principale produttore mondiale di vino. La geografia della raccolta, perfetta anche dal punto di vista dello stato fitosanitario delle uve, segna la contrazione maggiore per le regioni del Centro e Sud Italia, a partire dalla Toscana (-21%) fino alla Sicilia (-20%), all'Umbria e al Lazio (-10%). In controtendenza la Sardegna (+20%). In equilibrio il Veneto (+1%), che con 11 milioni di quintali di vino previsti mantiene il primato produttivo nazionale, seguito dalla Puglia, in calo dell'8% e dall'Emilia Romagna (+10%). In crescita, in un contesto generale che si posiziona sotto la media quantitativa dell'ultimo quinquennio, anche importanti regioni produttive come Abruzzo (+6%), Trentino Alto Adige (+5%), Lombardia (+10%) e Marche (+5%), mentre cala di 9 punti il Friuli Venezia Giulia.