La Nuova Sardegna

Il ricordo di Renato Copparoni: «Così ho parato un rigore a Diego»

SASSARI. Prima di lui nessuno. Non in Italia, almeno. Renato Copparoni, una carriera spesa quasi tutta in serie A, ha legato inscindibilmente il suo nome a quello di Diego Armando Maradona. «Lo so,...

26 novembre 2020
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SASSARI. Prima di lui nessuno. Non in Italia, almeno. Renato Copparoni, una carriera spesa quasi tutta in serie A, ha legato inscindibilmente il suo nome a quello di Diego Armando Maradona. «Lo so, era il 2 marzo dell’86», recita praticamente a memoria prima ancora di sentire la domanda.

Renato Copparoni da San Gavino Monreale è stato uno dei pochissimi portieri in grado di dire no al campione argentino dal dischetto, il primissimo a riuscirci nel campionato italiano.

La data era quella, la partita era Napoli-Torino, con i partenopei stabilmente nelle zone alte della classifica, che avrebbero dovuto attendere un solo anno prima di conquistare il primo scudetto della loro storia. «La storia di quel rigore è abbastanza nota perché l’ho raccontata tante volte – dice Copparoni, 68 anni, che dopo sei stagioni al Cagliari indossava la maglia del Torino dal 1978 –. Due settimane prima avevo visto alla Domenica sportiva il rigore che segnò a Zenga, con il portiere dell’Inter che si tuffò un attimo prima e venne spiazzato. Maradona aveva la capacità di decidere all’ultimo momento l’angolo, non calciava mai forte ma la piazzava. Allora pensai: non ho niente da perdere, resto in piedi sino all’ultimo. Feci soltanto un passettino in avanti, soprattutto perché mi tremavano le gambe dalla voglia di tuffarmi. Lui provò a piazzarla sulla mia destra ma a quel punto mi ero già fiondato sulla palla e la mandai in angolo. La mia bravura non fu nella parata, anche perché il tiro era abbastanza centrale: se ho avuto qualche merito è stato per così dire nella preparazione».

Copparoni racconta anche il personaggio Maradona visto da “collega”. «Le sue incredibili abilità e il suo carisma erano visibili da chilometri – dice – ma c’era tanto altro. Due miei compagni del Torino, Francini e Corradini, andarono poi a giocare nel Napoli e a loro ogni tanto chiedevo come fosse Maradona e se fosse vero che conduceva una vita sregolata e che si allenava poco. Era tutto vero, ma mi spiegavano anche che i compagni stravedevano per lui: era generosissimo con tutti, dai giocatori ai magazzinieri; in campo non si tirava mai indietro e poi li faceva vincere: i primi a concedergli e ad accettare qualche strappo erano proprio i compagni».

«Tutti questi ricordi in questo momento hanno un sapore triste e amaro – conclude Copparoni –. Abbiamo perso un campione irripetibile che ha fatto la storia del calcio. Era vero, genuino, e una delle cose che più ammiravo di lui era il modo in cui reagiva agli incredibili calcioni che gli riservavano i difensori, che in quegli anni picchiavano duro. Non simulava, non protestava, si rialzava e giocava. Era unico, era semplicemente Maradona».

(a.si.)



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