La Nuova Sardegna

La stella si è spenta addio a Maradona

di Andrea Sini
La stella si è spenta addio a Maradona

Il Pibe de oro è scomparso a 60 anni per un attacco di cuore Una vita di eccessi, un campione che ha incantato il mondo

26 novembre 2020
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La fama di un campione può essere eterna, il suo cuore no. Quello di Diego Armando Maradona si è fermato per sempre ieri in una casa alla periferia nord di Buenos Aires. Sessant’anni compiuti da meno di un mese, la convalescenza per un delicato intervento chirurgico subito tre settimane fa per un ematoma subdurale alla testa, e l’ennesima resurrezione che non è arrivata. Il triplice fischio su una vita di trionfi e cadute, di pentimenti e ancora di eccessi, è arrivato intorno alle 13 locali per un arresto cardiocircolatorio, nello stesso giorno in cui hanno chiuso gli occhi per sempre Fidel Castro e George Best.

Il migliore di tutti i tempi, secondo molti, certamente unico e irripetibile nella sua complessità: calciatore dal talento illimitato e personaggio privo di maschere, di filtri e troppo spesso di protezione. Di certo, su parole e opere ha sempre messo la sua faccia e, quando è stato il caso, ha sempre pagato di tasca.

La prima delle sue tante vite è iniziata in una casa povera di un quartiere povero nei sobborghi di Buenos Aires. Che fosse un fenomeno se n’erano accorti tutti da subito, come dimostrano i filmati in bianco e nero che lo mostrano bambino mentre accarezza la palla, con il piede sinistro senza mai farla cadere per terra. Le “Cebollitas”, poi l’Argentinos e il Boca Juniors sono i trampolini di lancio per la sua seconda vita, al di qua dell’Oceano.

È il 1982 quando arriva al Barcellona, dopo un mondiale che non va secondo le attese. È il 1984 quando, già considerato uno dei migliori calciatori del mondo, arriva al Napoli. Da lì in poi la sua storia diventa una storia (anche) italiana di sport, di costume e di vita vissuta, che inizia a travalicare i confini della leggenda.

I trofei raccolti sono tutto sommato pochi ma hanno un peso specifico immenso (il Napoli campione d’Italia contro le grandi corazzate del nord, l’Argentina campione del mondo con una squadra modesta), mentre il contorno contribuisce a rendere unico – nel bene e nel male – tutto ciò che riguarda Maradona. C’è il gol che va contro le leggi della fisica contro la Juve sotto una pioggia torrenziale, quello di mano contro l’Inghilterra e pochi minuti più tardi quello degli 11 tocchi. Ma ci sono anche le frequentazioni poco raccomandabili nella Napoli della camorra, la droga, il figlio “clandestino” riconosciuto solo molti anni dopo. E le parole sempre taglienti, di solito contro i potenti, contro l’establishment. Contraddittorio, ingenuo, autolesionista, troppo portato a cadere ma prontissimo a rialzarsi, a costo di enormi sacrifici. Come per Italia 90, quando si sottopose a una preparazione individuale terribile per presentarsi all’appuntamento tirato a lucido, dopo un periodo di sbandamento. Fece lo stesso per Usa 94, dopo la prima squalifica per doping, in quello che fu di fatto il suo ultimo ballo, prima di un lungo e penoso declino, sia sul campo che fuori.

I gol e le magie di Maradona sul campo sono tutte su youtube, basta un attimo per entrare in un mondo magico. Sulla sua vita hanno girato film e documentari, e tra Napoli e l’Argentina i murales con il suo volto non si contano. Ma il valore aggiunto, ciò che rende così unico e contemporaneamente così “umano” questo personaggio straordinario sono la partita di beneficenza in mezzo al fango ad Acerra, nella periferia delle periferie, è lui che palleggia a centrocampo a ritmo di musica, con le scarpe slacciate, mentre i compagni fanno il riscaldamento. Stava per iniziare la finale di Coppa Uefa e lui, per allentare la tensione che aveva visto negli occhi dei compagni, aveva pensato di fare uno show dei suoi. Non poteva essere eterno, Diego Armando Maradona, ed era ben lontano dall’essere un uomo perfetto. Ma non era come gli altri, era D10s.

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