La Nuova Sardegna

La polemica per i sardi mafiosi in Fargo, quando si confondono fiction e realtà

Marcello Fois
La polemica per i sardi mafiosi in Fargo, quando si confondono fiction e realtà

Ma quale sarebbe il vulnus che spinge qualcuno a intentare una petizione perché una fiction ha usato un cognome sardo per una famiglia mafiosa? - IL COMMENTO

27 novembre 2020
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Nella quarta serie di Fargo, il serial TV prodotto dai fratelli Coen, trasmesso in Italia in questi giorni una tremenda famiglia mafiosa si chiama Fadda di cognome. Un cognome espressamente sardo, non certo il frutto di una considerazione onomasticamente generica. Tanto che i personaggi con cotanto cognome si chiamano Josto, Gaetano, Nennedda. Ora a qualcuno questo “abuso” di sardità è parso offensivo. Ma quale sarebbe il vulnus che spinge qualcuno a intentare una petizione perché una fiction ha usato un cognome sardo per una famiglia mafiosa?

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Dove risiederebbe l’offesa? Forse nell’idea che milioni di spettatori di tutto il mondo potrebbero pensare che esistono sardi mafiosi. Ebbene se così fosse mi tranquillizzerei, quegli stessi spettatori hanno avuto a che fare con mafiosi cinesi, giapponesi, irlandesi, ebrei, afroamericani, italoamericani, lapponi, norvegesi, francesi con la variante marsigliesi, inglesi con la variante londinesi, messicani, cubani e così via… Confondere una vicenda narrata con una vicenda di popolo la dice lunghissima non tanto su chi inventa quelle storie, ma su chi le guarda. Chiamare Fadda una sanguinaria famiglia mafiosa nella Kansas City degli Anni 50 non significa necessariamente che si voglia dire che i sardi sono tutti mafiosi, esattamente come guardare Gomorra non significa affatto affermare che tutti i napoletani sono camorristi o guardare La Piovra che tutti i siciliani sono mafiosi. Chi lo pensa sbaglia semplicemente e ha una visione assai limitata e baricentrica della propria storia. Insomma non si può stigmatizzare il luogo comune rifacendosi al luogo comune.

Chi dice che storicamente la mafia non avrebbe attecchito in Sardegna e che dunque è “un’offesa” chiamare Fadda la famiglia mafiosa, sta attribuendo un potere alla fiction che egli stesso, evidentemente, subisce. Sta in pratica dicendo che le storie vanno guardate senza il filtro della Storia e che anzi sono esse stesse la Storia. Senza considerare che la Sardegna Mafia-free ha avuto storicamente la stessa valenza della Sardegna Covid-free. Sarebbe a dire quello spazio temporale che occorre per ripianare il ritardo che il Tirreno ci concede rispetto al Continente. Se chiedeste agli inquirenti che lavorano in Sardegna in questo momento, vi riveleranno che “alla sarda”, ma la mafia c’è anche da noi eccome. Si vede poco perché siamo poveri. E perché non vogliamo vederla. Si vede poco perché è relegata agli “atteggiamenti” mafiosi e all’economia spiaccia più che ai macrosistemi finanziari. Che cos’è se non attività mafiosa il controllo di certi quartieri sassaresi da parte di piccoli, e giovanissimi, boss locali che possono permettersi di minacciare, e taglieggiare, pacifici cittadini comuni? Vogliamo parlare di chi gestisce il florido mercato dello spaccio di stupefacenti nell’Isola?

Certo si può fare di una fiction la pagliuzza che ci impedisce di vedere la trave che abbiamo nell’occhio, ma il punto resta sempre che l’arte, e Fargo 4 nell’ambito del prodotto televisivo è arte, non ha il dovere di dire la verità, ma il dovere di mescolare le carte e mostrare fino a che punto sappiamo muoverci nella complessità di questo mondo. Fare equazioni così elementari e povere come ritenersi offesi per un cognome, significa avere una concezione manichea dell’arte e, soprattutto, pretendere che essa sia al servizio del nostro limitatissimo narcisismo. Significa, in definitiva, che, se basta una fiction a metterla in gioco, non siamo abbastanza sicuri della solidità dei nostri valori.

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