La Nuova Sardegna

Emergenza nazionale: il sì del Governo per Bitti

di Simonetta Selloni
Emergenza nazionale: il sì del Governo per Bitti

Ieri sera l’approvazione della misura che consentirà importanti interventi Atteso l’arrivo del ministro Boccia e del capo della Protezione civile Borrelli

03 dicembre 2020
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INVIATA A BITTI. Il consiglio dei ministri ha approvato ieri a tarda sera la dichiarazione di stato di emergenza nazionale per Bitti. Nel fine settimana il capo nazionale della Protezione civile Angelo Borrelli sarà nuovamente a Bitti, e con molta probabilità ci sarà anche il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia. Il ritorno di Borrelli, che era a Bitti già domenica, coinciderà quindi con la dichiarazione dell’emergenza nazionale. A convincere il Governo è stata la gravità della situazione dopo l’alluvione che sabato scorso ha provocato tre morti e danneggiato almeno 500 abitazioni e una cinquantina di attività commerciali.

La dichiarazione dell’emergenza nazionale è un passo fondamentale per imporre una accelerazione ai temi sulla ricostruzione e messa in sicurezza del paese. Lo ha anche detto l’assessore regionale alla Difesa dell’ambiente, Gianni Lampis, ieri nel paese, dove era già stato domenica scorsa. «La priorità è riportare la normalità a Bitti e questo si potrà fare quando la struttura commissariale della Protezione civile nazionale sarà pienamente operativa. Otterremo così esperti e strumenti per velocizzare i tempi della ricostruzione e della messa in sicurezza del paese».

Così Lampis, che ha prima partecipato alla riunione del Centro operativo comunale, presieduta dal sindaco Giuseppe Ciccolini, e poi con lo stesso primo cittadino, il direttore generale del Corpo Forestale Antonio Casula è stato in piazza Asproni, via Cavallotti, via Brigata Sassari, via Brescia. Il cuore ferito di Bitti; anche se già ieri, grazie all’immenso lavoro di Vigili del fuoco, Esercito, Protezione civile, forze dell’ordine, dei volontari e degli stessi bittesi, si intravedeva qualcosa, soprattutto in piazza Asproni, quasi ripulita. Ma il grosso del lavoro è ancora da fare: massi, alberi, detriti e fango che ostruiscono ancora strade, e impediscono l’accesso a molte abitazioni.

«Bisognerà studiare il modo di spostare l’acqua dal centro abitato», ha detto Lampis. Troppo presto per una stima dei danni: ma, ha ricordato, «La Regione già lunedì ha stanziato 40 milioni, per i primi interventi sull’edilizia privata, la messa in sicurezza delle aree maggiormente danneggiate e per le aziende agricole». Intanto sono al lavoro i tre ingegneri inviati dalla Protezione civile nazionale, ai quali si aggiungeranno, secondo quanto garantito dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa al sindaco Giuseppe Ciccolini, gli esperti della Sogesid, la società in house di ingegneria e assistenza tecnica specialistica che fa capo al ministero. In questi giorni è stato avviato il lavoro di verifica per inquadrare le aree a maggiore vulnerabilità e quelle cosiddette a pericolosità residua, soprattutto nell’alveo dei due corsi d’acqua tombati, Cuccureddu e il rio Giordano, che hanno trascinato a valle acqua, massi e detriti travolgendo cose e purtroppo vite umane. Dopo l’alluvione del 2013 sono state compiute opere che in parte hanno evitato conseguenze ancora più gravi rispetto a quanto accaduto sabato. Ma la progettazione del riassetto idrogeologico e idraulico va completata, e, alla luce del disastro, certamente aggiornata. La tragedia di sabato ha acclarato alcuni punti fondamentali: mentre le pratiche passano da un ufficio a un altro (Genio civile, Tutela del paesaggio, Agenzia del distretto idrografico giusto per citarne alcuni), trascorrono gli anni. Poi bastano 10 minuti, dalle 9.30 in poi di un sabato qualunque, per far scatenare l’apocalisse. L’alluvione non dà preavvisi, non chiede permessi. Lascia morti e macerie.

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