La Nuova Sardegna

Paolo Fresu contro il click day per i grandi eventi: «Turismo, fondi in mano a incompetenti»

di Costantino Cossu
Paolo Fresu
Paolo Fresu

Il musicista attacca la lotteria per l’assegnazione delle risorse ai festival e chiede le dimissioni dell’assessore Chessa

05 dicembre 2020
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SASSARI. «Punto primo: il problema non è solo Time in Jazz ma un sistema di assegnazione dei fondi sbagliato, per tutti. Punto secondo: il danno non è solo per i bilanci dei festival ma anche per le economie di vasti territori e, alla fine, di tutta l’isola. Punto terzo: l’assessore al Turismo Giovanni Chessa farebbe bene a dimettersi». In questa intervista alla Nuova Paolo Fresu dà voce alla rabbia del mondo della cultura per gli effetti che il meccanismo a sportello scelto dalla Regione per l’assegnazione dei fondi destinati ai grandi eventi di cultura e di spettacolo ha provocato.

Fresu, non solo Time in Jazz ovviamente…

«Time in Jazz e, insieme, tantissime altre realtà che, con coraggio e determinazione, hanno deciso, soprattutto quest’anno, di andare avanti e di dare un segnale positivo. Tante come quelle che hanno depositato la domanda un millesimo di secondo prima e per questo avranno i soldi. Sono contento per loro, ma qui la questione è un’altra. Riguarda il rapporto tra politica e cultura nella nostra regione».

In che senso?

«Mi dice che concezione ha della cultura chi decide che l’unico criterio di valutazione è la velocità con la quale si riesce a clickare sulla tastiera di un computer? Che concezione ha della cultura chi ci riduce tutti a “canes de isterzu” pronti a morsicarci gli uni con gli altri e a latrare sotto il tavolo in attesa che ci si butti il pezzo di carne? E guardi che non sto parlando solo dell’attuale giunta. Il problema di un sistema di erogazione dei fondi dignitoso, che assegni i denari in base a criteri di qualità, esiste da sempre in Sardegna, qualunque sia stato, nelle diverse stagioni, il colore della giunta regionale. Chiunque lavori nel campo della cultura potrà facilmente raccontarle le difficoltà a coprire le spese di fronte a un sistema che dà poco, in ritardo e spesso con criteri sbagliati».

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La cecità è anche sottovalutazione rispetto agli effetti economici del lavoro di chi opera nel campo della cultura?

«Assolutamente sì. I fondi della legge regionale numero 7, che finanzia le manifestazioni pubbliche di grande interesse turistico dello spettacolo e della cultura, la legge di cui stiamo parlando, non possono essere gestiti come elemosine da concedere a fastidiosi questuanti. Sono soldi che vanno trovati e spesi perché quello turistico è un interesse economico generale, di tutta l’isola. Noi creiamo un indotto fortissimo nei territori. E oltre a questo, in alcuni casi, proiettiamo fuori dell’isola un’immagine che ha straordinari effetti attrattivi. Lo sa che a Berchidda da quando c’è il festival jazz il mercato immobiliare locale ha visto una notevolissima crescita della domanda di case che arriva dalla penisola e dal mondo?»

Quindi incapacità a cogliere il valore della cultura, in sé e per gli effetti economici indubbi che la cultura ha?

«Sì, manifesta e grave incapacità. Di fronte alla quale l’assessore Chessa dovrebbe sentire la necessità di dimettersi».

Lei denuncia anche un clamoroso dietrofront dell’assessore tra agosto e settembre. Ci può spiegare?

«Quando ad aprile, in pieno lockdown, abbiamo presentato il programma del festival, dando un segnale coraggioso di ripartenza, abbiamo avuto dalla giunta regionale un riscontro positivo, concretizzatosi in una delibera del 7 agosto 2020 (Time in Jazz è iniziato il 9 agosto) che stabiliva un iter più semplice per l’assegnazione dei fondi e, soprattutto, la sospensione del meccanismo a sportello. Un’ iniziativa dell’assessore non sollecitata, perché, sia chiaro per tutti, io non ci vado nei corridoi della Regione a chiedere favori o garanzie. Ecco il testo firmato da Chessa, “sua sponte”, il 7 agosto: “Di fronte alle incertezze legate al periodo, per venire incontro agli organismi che intendano realizzare le proprie iniziative, l’assessore rimarca l’opportunità di modificare i criteri di concessione dei contributi a valere sulla legge 7/1955 già precedentemente stabiliti. Tali modifiche prevedono la possibilità di accedere ai benefici attraverso un’attività semplificata da parte degli uffici dell’assessorato, con tempistiche più favorevoli: sono infatti cassati la “griglia di valutazione” e l’assegnazione dei contributi con il sistema dello sportello”. Poi, in una delibera del 25 settembre, quindi a Time in Jazz chiuso, clamorosamente si torna allo sportello; dopo che noi ci eravamo esposti finanziariamente contando su un iter diverso. Le sembra una cosa seria?».

Il futuro di Time in Jazz?

«Guardi, tra le entrate del nostro bilancio, oltre ai fondi regionali ci sono i denari che arrivano dal ministero dei Beni culturali, dalla Fondazione di Sardegna e per il 40 per cento (una cifra rilevantissima, ci tengo a sottolinearlo) da sponsor privati. Da ieri, dopo la mia denuncia su Fb, siamo subissati di proposte per finanziare il festival attraverso il crowfunding, che significa che i sardi riconoscono in Time in Jazz un prezioso bene comune. Andremo avanti lo stesso. Noi restiamo, sa. Sono gli assessori che passano. Non è questo il punto».

Qual è il punto?

«Il punto è che chi vorrebbe ridurci tutti a cagnolini affamati e quindi ubbidienti dovrebbe andare a fare un altro lavoro. Dovrebbe, lo ripeto, dimettersi».


 

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