La Nuova Sardegna

Il made in Sardinia punta a sfondare negli Usa di Biden

di Alessandro Pirina
Il made in Sardinia punta a sfondare negli Usa di Biden

Eccellenza e identità doc per ritagliarsi spazio in un mercato sempre più “locale”. Imprenditori ed economisti: diversa dall’America di Trump ma sarà protezionista

06 dicembre 2020
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SASSARI. È passato appena un mese dalla vittoria di Joe Biden e gli Stati Uniti hanno già iniziato a cambiare volto. Anche se Donald Trump non ha ancora riconosciuto la sconfitta, e dunque il successo dello sfidante democratico, il presidente eletto ha cominciato a delineare quella che sarà la sua America. Più severa nella lotta contro il Covid, più green, più inclusiva. Tutto il contrario dei quattro anni targati Trump che hanno visto imperare il negazionismo, lo stop agli accordi di Parigi, la costruzione di muri reali e virtuali. Ma ci sarà anche un cambio di rotta nei rapporti con l’Europa, ai minimi storici negli ultimi quattro anni. E infatti non è un mistero che tutti i maggiori leader della Ue tifassero per l’arrivo di Biden alla Casa Bianca.

Il protezionismo di Trump è andato a colpire pesantemente il made in Europe. Con dazi al 25 per cento per prodotti d’eccellenza che impazzano oltreoceano: dai vini francesi alle olive greche, dal parmigiano al pecorino, anche se fortunatamente - per la Sardegna - quello romano è riuscito a sfuggire al balzello. Ma la tassa è andata a colpire pesantemente l’export agroalimentare isolano verso gli Usa, stimato intorno ai 100 milioni di euro, ben oltre la metà del totale. Ora l’auspicio del mondo imprenditoriale europeo - e dunque anche sardo - è una inversione di rotta della presidenza Biden. Ma proprio su questo punto non è così scontato che il nuovo inquilino della Casa Bianca si discosti in maniera netta da chi lo ha preceduto. Ne è convinto Mario Macis, economista di Samugheo, docente alla Johns Hopkins University di Baltimora.

«L’America di Biden sarà del tutto diversa da quella di Trump – dice –. Lo si evince anche dalle persone che sta scegliendo per i posti chiave: più donne, più rappresentanti delle minoranze. L’altra grande novità è il cambio di strategia nella lotta al Covid. Stop alla minimizzazione, alla negazione. Un approccio completamente diverso, riconoscendo quel che dicono scienza ed esperti. Biden poi riabbraccerà il multilateralismo, cercando di ricostruire la reputazione degli Usa danneggiata da Trump. Ma se c’è un tema su cui potrebbe esserci qualche continuità alla Casa Bianca è quello economico».

Per Macis la presidenza Biden non sarà all’insegna del protezionismo esasperato di Trump, ma sarà comunque più attenta a tutelare il made in Usa. «Il partito democratico è stato accusato dai repubblicani di essere il partito della globalizzazione – spiega l’economista sardo –. I trattati di libero scambio, sempre secondo i repubblicani, avrebbero danneggiato imprese e lavoratori americani, in particolare il settore manifatturiero. E queste accuse potrebbero avere favorito l’ascesa di Trump. Ecco perché oggi i dem hanno cambiato atteggiamento, si mostrano più attenti ai lavoratori e alle imprese. Il piano Buy American annunciato da Biden va a privilegiare il settore manifatturiero domestico. Da questo punto di vista, a mio avviso, bisogna rimanere cauti. Le sue politiche saranno meno improntate al protezionismo, ma saranno comunque meno orientate all’apertura al commercio internazionale rispetto al passato. Quando senti parole come Buy American capisci che è in atto un riposizionamento per rassicurare una fetta di americani».

La tutela del locale ormai è una tendenza universale e non solo americana. Lo sostiene anche Eugenio Perrier, manager di San Gavino, una lunga carriera in Barilla, da 10 anni negli Usa come partner di una società di consulenza specializzata nel food. «In tutte le economie occidentali ci si è resi conto che si era esternalizzato troppo sia dal punto di vista della produzione che delle capacità manifatturiere – spiega –. Oggi si è raggiunta una maturità diversa e immagino che Biden non si sottrarrà a questo tipo di analisi, e anzi incentiverà alcune grandi imprese americane affinché riportino la produzione negli Usa. In generale, oggi, siamo tutti più orientati e attratti dalle cose create localmente. Hanno molta più importanza che in passato. In particolare nel food. Anche se ci sono tipicità che devono essere portate per forza dai paesi di origine».

E questa, l’identità doc, è la carta vincente del prodotto anche nell’export. «I dazi sono stati sicuramente un’iniziativa penalizzante dal punto di vista competitivo. Toccherà a Biden superare una conflittualità economica che non fa bene a nessuno. Né all’Europa né agli stessi Stati Uniti. L’atteggiamento di Trump è sempre stato provocatorio, portatore di tensioni, di strappi. Biden cercherà di impostare un approccio diverso, più costruttivo. Ma al di là di quella che sarà la politica del governo Usa – dice ancora Perrier – la fortuna di molti prodotti italiani, e anche sardi, è la loro unicità, il fatto di essere difficilmente sostituibili. Così facendo diventano prodotti esclusivi e di lusso. Quando parli di parmigiano o di pecorino sai che ti stai riferendo a prodotti che possono provenire solo dall’Italia, o da certe zone del nostro Paese. Il marchio deve rispettare l’origine del prodotto. Oggi c’è una sempre maggiore ricerca dei prodotti fatti localmente».

Ed è a questo punto che spetterà agli stessi imprenditori essere bravi nel vendere la loro eccellenza. «Dei prodotti sardi che fanno di questa tipicità un loro elemento essenziale – conclude Perrier – sarà importante raccontare, valorizzare questa unicità rispetto a ciò che viene trovato localmente. Fare capire quali sono le loro caratteristiche, perché sono migliori, cosa li distingue dagli altri».

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