La Nuova Sardegna

Coronavirus, non c'è spazio per i no vax

di EUGENIA TOGNOTTI
Coronavirus, non c'è spazio per i no vax

Ancora una volta l’anello debole del sistema sanitario sono le residenze per anziani. In Piemonte su mille lavoratori delle Rsa il 70 per cento non vuole farsi vaccinare

28 dicembre 2020
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Che l’annuncio della realizzazione del vaccino anti-Covid avesse risuscitato i no vax era cosa nota. A parte le chiassose manifestazioni, ce lo avevano raccontato, fornendo percentuali allarmanti, i sondaggi in vari Paesi europei, compresa l’Italia, dove l’area del rifiuto al vaccino, meno estesa rispetto ad altri, riguarderebbe un quinto circa della popolazione. Ma chi poteva aspettarsi che tra coloro che rifiutano la vaccinazione ci fosse una parte – e tutt’altro che insignificante – del personale sanitario delle Rsa , a contatto con i più fragili e vulnerabili, tra i quali il coronavirus ha fatto strage, in ogni angolo d’Italia?

A colpire, nella mancata adesione degli operatori sanitari di quelle strutture, è lo stridente contrasto tra una scelta che mette a repentaglio le vite dei loro pazienti e l’«eroismo» evocato di continuo in questi mesi. Insieme allo spirito di sacrificio, alla dedizione, all’umanità, alla pietas nell’assistere e curare, e nell’accompagnare alla morte quelli che la speciale spietatezza di questa pandemia ha privato anche del conforto delle persone care nell’ora dell’addio. Ma a sorprendere, e direi a sgomentare, è, ancora, da una parte, il fatto che l'anello debole del sistema sanitario siano proprio le residenze per anziani, le case di riposo pubbliche e private, su cui si concentrano da mesi le ansie e le preoccupazioni di autorità sanitarie, medici ed esperti. Dall’altra, il fatto che la resistenza al vaccino di chi ha scelto, consapevolmente, le professioni della cura, superi, in percentuale, quella della popolazione generale, stando al monitoraggio di alcune importanti associazioni che raccolgono centinaia di Rsa in Piemonte e ad un sondaggio dell’Associazione nazionale strutture terza età, Anaste, 7000 posti letto: in un campione di 1000 lavoratori (su un totale di 3800), il 70 per cento ha affermato di non essere disponibile a farsi vaccinare.

Di più. Una parte ha ammesso, apertis verbis, di condividere le posizioni dei no vax. Che “messaggio” potrà scaturirne e che esempio potranno dare a dubbiosi e scettici, mentre tutti gli sforzi sono concentrati per costruire l'immunità di gregge al coronavirus attraverso i vaccini, attesi come il Messia salvatore? Alla ricerca delle motivazioni si potrebbe forse fare riferimento, se fossimo a conoscenza di dati più precisi, all’età: i medici e gli infermieri più giovani che operano nelle Rsa si sentono forse meno minacciati dal virus, anche se a prevalere dovrebbe essere la preoccupazione per la comunità.

La motivazione dominante, però, da quanto si apprende da alcune dichiarazioni dei contrari alla vaccinazione, sembra essere il timore di effetti collaterali, che attraversa tutta la storia delle vaccinazioni. E, in generale, i dubbi sull’efficacia e la sicurezza di vaccini che appartengono ad una nuovissima generazione, sviluppati a tempo di record e senza decenni di ricerca alle spalle, come quello contro il morbillo, per fare un solo esempio. Ma un ruolo, a pensarci bene, potrebbe averlo giocato, in generale, la sfiducia nella politica per la gestione della pandemia. Nonché il trambusto mediatico creato da divisioni e polemiche tra scienziati ed esperti, virologi e immunologi, con la conseguente crescita di disorientamento e confusione su dati e informazioni.

Aspettando altre notizie sull’andamento della campagna di immunizzazione e sull’adesione del personale sanitario in generale, non possiamo accontentarci degli accorati appelli alla deontologia professionale di medici, infermieri, operatori sanitari. Occorreranno non solo gli sforzi congiunti per un’opera di sensibilizzazione mirata da parte di autorità e istituzioni (senza scartare interventi concreti sugli obiettori più accaniti). Mentre resta però da comprendere perché solo il 20 per cento degli operatori delle Rsa di Brescia hanno aderito alla campagna vaccinale e quali complessi meccanismi abbiano influito nella “perdita di memoria” delle devastazioni nelle Rsa e della Lombardia, le cui immagini restano tra le più strazianti nella storia (breve) della nostra pandemia.
 

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