La Nuova Sardegna

Mezzo miliardo di euro per innovare, il sardo Alessandro Aresu tra i 4 cervelloni di Enea Tech

di Antonello Palmas
Mezzo miliardo di euro per innovare, il sardo Alessandro Aresu tra i 4 cervelloni di Enea Tech

Il cagliaritano nel quartetto che gestirà il Fondo per il trasferimento tecnologico. Si occuperà delle innovazioni di frontiera: «Gap tra ricerca e utilizzo pratico» 

28 dicembre 2020
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SASSARI. C’è anche un sardo, Alessandro Aresu, cagliaritano, esperto di geopolitica e investimenti tecnologici strategici, tra i quattro giovani talenti scelti da Enea Tech come investment director per gestire i 500 milioni del Fondo per il Trasferimento Tecnologico istituito dal Mise. Si occuperà del settore deep tech, che non è un genere di musica all’avanguardia, ma l’insieme delle innovazioni tecnologiche di frontiera che promettono di avere un forte impatto sulla storia dell’uomo.

La nomina è il primo passo di Enea Tech, la fondazione di diritto privato nata a ottobre e la cui missione è investire in tecnologie innovative di interesse strategico nazionale e di scala globale, attraverso il Fondo. Aresu è stato individuato dal direttore generale Salvo Mizzi in quanto grande esperto di geopolitica e investimenti tecnologici strategici, studioso del rapporto tra capitalismo e sviluppo tecnologico, già consigliere di amministrazione dell’Agenzia spaziale italiana dal 2014 al 2018. «È qui che ho capito l’importanza degli strumenti per rafforzare il trasferimento tecnologico e l’innovazione», sottolinea.

Questi gli altri direttori: Stefano Bernardi (economia verde, circolare ed energia), Chiara Giovenzana (technologia applicata alla salute), Diva Tommei (tecnologie dell’informazione). «Io gestirò il settore deep tech – spiega Aresu – gli investimenti alla frontiera tecnologica. Nella storia della scienza e in particolare negli Usa ha riguardato gli investimenti nei grandi laboratori di ricerca, ora va sempre più a identificare quelli che mirano ad affrontare le grandi di sfide dell’umanità e quei grandi cambiamenti che possono generare significative differenze nei mercati di riferimento. In alcuni paesi è già molto presente e utilizzato e la Francia è la più avanzata sotto questo profilo».

L’obiettivo è colmare il gap della mancata comunicazione tra tecnologia e il suo utilizzo pratico da parte delle imprese. In Italia ricerca e impresa sono ancora due mondi separati, nonostante le potenzialità del nostro Paese: «Sì, secondo me è una delle principali questioni italiane – risponde Aresu –. I Paesi avanzati, anche nella manifattura, investono molto nel legame tra ricerca, tecnologia e impresa. Questo in Italia si fa meno, così ci si deve attivare facendo comunicare maggiormente i luoghi della produzione della ricerca, l’impresa e le start up, con una logica di interesse strategico nazionale e del rafforzamento della sicurezza. Mi sono riconosciuto molto in questo progetto di sviluppo, credo che con questa fondazione l’Italia abbia fatto una cosa importantissima e sinora inedita che la pone sulla stessa linea di agenzie che negli Usa ci sono da decenni come Darpa e Barda, cui si deve lo sviluppo tecnologico più avanzato degli Stati Uniti, e come le più importanti in Europa». Ad esempio la Eic, che opera in stretta collaborazione con centri di ricerca, università, startup e Pmi innovative, spin-off, grandi imprese. Attraverso quali strumenti ci si muoverà? «Sono previsti strumenti di venture capital, blended finance, grant e contratti di procurement indirizzato. Nel 2021 – promette partiremo subito a spron battuto».

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