La Nuova Sardegna

Gianni e Amedeo una storia di pasta fresca

di Pasquale Porcu
Gianni e Amedeo una storia di pasta fresca

I piatti che raccontano l’identità di un locale: per il Giamaranto sono i culurgiones ogliastrini e i ravioli ripieni di carciofi, melanzane o pesce

29 gennaio 2021
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Molti dei ristoranti di più lunga tradizione sono caratterizzati da almeno un piatto che sintetizza la loro identità gastronomica. Una sorta di Dna che li distingue dagli altri. Se osserviamo la storia della Trattoria del Giamaranto di Sassari, nota anche col nome dei fondatori, Gianni e Amedeo (Deiana), il fil rouge che accompagna la loro storia è certamente quello dei piatti di pasta fresca fatta a mano: dai culurgiones ogliastrini ai ravioli ripieni di carciofi, melanzane e noci e soprattutto pesce.

La pasta fresca tirata a mano è quella che i fratelli Deiana e le rispettive mogli hanno conosciuto sin da piccoli in famiglia a Esterzili, in Barbagia.

Quando Gianni ha lasciato il proprio paese per trasferirsi a Milano e ha riproposto i culurgiones nella trattoria dove era andato a lavorare, ha capito che quel piatto è davvero particolare. Patate, formaggio e menta come ripieno contenuti in una sorta di manufatto di pasta a forma di goccia, richiuso “a spighetta” che ricorda la spiga di grano.

Una bellezza da vedere e una bontà da mangiare, quei culurgiones.

Era il 1961 quando Gianni Deiana approda a Milano. Lo aveva chiamato il fratello più grande che lavorava nella metropoli lombarda. La città era in pieno fermento, le offerte di lavoro erano davvero tante. Così Gianni finì nella trattoria di un toscano, “Gigi il cacciatore” a due passi dalla Rai. Il ragazzo era sveglio e aveva voglia di imparare. E quando il “pastaio” (così si chiamava l’addetto ai primi) partì per fare il militare, il giovane Deiana lo sostituì. L’economia andava a mille. Erano gli anni del boom e a Milano si vedeva. Gli osti toscani, all’ombra della Madonnina, erano i protagonisti nella ristorazione milanese. Piatti semplici e “olio bono” toscano. Pappardelle e fiorentine e quando era possibile, selvaggina: lepri, tordi, fagiani, cingiali. Per Gianni quella è stata l’università della cucina. E quando nel 1971, insieme a suo cognato Lenin, ha aperto “L’Isolotto” a Lotzorai è stato subito un successo: pappardelle alla lepre, paglia e fieno, tagliata di manzo.

«Perché non aprite un ristorante a Sassari?» dissero dei clienti a Gianni. Convincere Amedeo che nel frattempo aveva fato la gavetta a Milano come cameriere, è stato facile. E a quel punto i fratelli Deiana e le loro famiglie hanno tentato la fortuna a Sassari. Era il 1983. Primo locale in viale Dante. Una vitaccia. All’inizio in quel locale ci dormivano anche. Il menu era quello sperimentato a Lotzorai, molto simile a quello ereditato dalla trattoria milanese di Gigi: tagliata di manzo con pepe nero schiacciato e rosmarino, involtini con prosciutto, fontina e funghi, cervella fritte e carciofi, funghi, radicchio e dolce sardo. E poi culurgiones e paste fresche fatte a mano. Gianni in cucina insieme alla moglie Marinetta e alla cognata Antonella. Amedeo, camicia bianca e papillon, in sala. Un successo incredibile.

«Anni di grande lavoro, fino allo scoppio di Tangentopoli _ ricordano i fratelli Deiana _. Ma anche tante soddisfazioni». Tanto da bissare il ristorante di Sassari a San Teodoro, nel 1992, una esperienza durata dieci anni.

E oggi? Nonostante le difficoltà la Trattoria del Giamaranto resta il faro della ristorazione del Nord Sardegna. Con Amedeo, camicia bianca e papillon in sala e una brigata giovane ed entusiasta in cucina. Dove non è raro trovare ancora Gianni affiancato alle paste fresche da Marinetta.

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